Antonio Amendola, conduce da sempre una doppia vita: la prima, di giorno, come giurista ed esperto di telecomunicazioni; la seconda, di notte, dedicata alla sua grande passione, la fotografia. Internet è invece la terza passione di Antonio: pubblica regolarmente notizie e reportage fotografici sul suo blog,
che pian piano cresce. Nel giugno 2010 organizza un workshop di beneficenza a Bari: i proventi vengono devoluti all’ospedale di Coppitto per finanziare un campo estivo per i bambini ricoverati. Antonio è così: ama le piccole realtà “difficili”, storie che non vengono ricordate. Ed è lì che si accorge che c’è tanta gente che, come lui, quelle storie ha voglia di raccontarle. Antonio fonda così “Shoot 4 Change”, network internazionale di “volontariato fotografico sociale”, e da lì è solo la storia di una crescita impetuosa, “un grande movimento di persone straordinarie che hanno voglia di cambiare il mondo“. Due click alla volta: con la macchina fotografica, e con il mouse. “Ho usato fin da subito il termine ‘crowdphotography’ – spiega – perchè il nostro punto di forza è proprio l’idea di una partecipazione collettiva, il più possibile estesa, dal basso”. Per Antonio la realtà che ci circonda è grande almeno quanto il numero di storie “di prossimità”, piccole realtà (spesso difficili) che molto spesso non emergono nemmeno nei trafiletti di cronaca. Proprio là è importante esserci “tanti fotografi, tanti professionisti e non. Si, siamo in tanti. A credere che raccontare queste storie sia importante, e a volerle e saperle raccontare“. Shoot 4 Change ogni giorno coinvolge i suoi lettori e sostenitori e li incoraggia a imbracciare un macchina fotografica e a scendere in strada per vedere, osservare, capire e immortalare questi piccoli momenti di umanità dimenticata. “Non cerchiamo il sensazionalismo nè l’estetica del dolore o della tragedia. Raccontiamo sia il peggio sia il meglio della nostra società, che purtroppo, molto spesso, non arriva ai nostri occhi. Ci sono così tante storie di straordinari volontari che portano sollievo in situazioni di grave disagio sociale. A km zero, sotto casa, dietro l’angolo. E nessuno li racconta“. Le fotografie vanno da un campo profughi di Beirut a un centro di accoglienza per senzatetto, il Binario 95 di Roma. Passando per i Liberi Nantes, la squadra di calcio composta da rifugiati e richiedenti asilo. “Perchè se è vero (come è vero) che i ricchi hanno i loro fotografi, beh, allora noi siamo i fotografi di tutti gli altri“.