Bossolo (Boss + solo) è il protagonista della drammaturgia di Antonio Palumbo che racconta il retroterra culturale legato allo sviluppo della malavita, associata alla condizione esistenziale ed etica di un uomo. Uno spettacolo in vernacolo barese che, selezionato nella rassegna romana “Schegge d’autore” il premio per Corti Teatrali e raccolto diversi riconoscimenti, dal 2004 è stato riproposto in diverse città italiane. L’autore, ormai romano d’adozione, ha ambientato la scena nella città di Bari.
“Una domenica di estate del 1964. Una donna è intenta a mescolare il ragù nella cucina di casa sua e tenta di svegliare il figlio ancora a letto nella propria stanza. Una vecchia radio trasmette musica. Trent’anni dopo, quel ragazzino restio a destarsi, diventerà un potente uomo di malavita. Lo ritroviamo , con un salto temporale sottolineato dallo scandire di una macchina da scrivere di un commissariato in cui il brigadiere […] L’ epilogo dell’esistenza di un boss di mezz’età, una storia che racconta il terreno dove attecchiscono le radici di una malavita a suo modo romantica in forte contrasto con quella odierna. Con un intenso colpo di scena finale.
Com’è nata l’idea di questo lavoro?
Nascere al sud, ho sempre pensato, ti mette in vantaggio rispetto al resto del mondo. all’esperienza diretta di venticinque anni vissuti in uno dei quartieri più popolari di Bari è nata la voglia di analizzare e comunicare il mio punto di vista riguardo l’essenza della filosofia “mafiosa”, che non è soltanto una cultura radicata in Sicilia, ma ben diffusa in tutta l’Italia Meridionale. Non voglio parlare dell’aspetto più conosciuto del fuorilegge, ma piuttosto del normale atteggiamento verso la vita, del codice di sopravvivenza che una gran parte dei meridionali, sviluppa gradualmente e fa proprio durante la vita. È sicuramente la risultante di varie cause, ma essere tutti i giorni a contatto di una terra da sempre abbandonata dalle stanze della politica a se stessa e, rivalutata solamente durante le campagne elettorali come fonte inesauribile di pesca, ti porta a capire tutto l’underground di una cultura che resiste al tempo.
Quanto tempo di gestazione ha avuto?
Consapevole 15 giorni, ma è maturata nel subconscio per almeno 30 anni!
Ti sei ispirato ad altre opere teatrali e non?
C’è sicuramente l’influenza del Riccardo III, Scarface e le commedie di EduardoDe Filippo.
Quali valori vuoi trasmettere?
Io mi accontenterei di trasmettere le emozioni che sento quando incontro una storia, un personaggio. E di raccontare al meglio i tempi in cui vivo.
Per presentare questo lavoro, nel 2004, sei partito da Roma: cosa significa oggi tornare con questo spettacolo nella capitale?
Significa ribadire e voler affermare le mie origini fuori dai confini regionali, vuol dire voglia di raccontare una cultura diversa e soprattutto che nonostante io sia da 13 anni cittadino romano le mie radici sono lunghe e ben salde e portano al terreno calcareo della città di San Nicola. Oggi a Bari e in Puglia fare cinema e teatro sta diventando una consuetudine professionale. Tredici anni fa per uno come me che non aveva nessuna tradizione familiare artistica alle spalle era una bestemmia. Son venuto a Roma per poter assomigliare più possibile a quello che ero.
Quale sarà il tuo prossimo progetto?
In campo teatrale sto progettando uno spettacolo in cui metto in scena una drammaturgia su due livelli: sul palco e sopra il palco tramite le performance di alcune discipline circensi. Sono nella fase di brain storming. Può darsi che cambio idea dopodomani e mi metto a vendere i panini allo stadio.
Roma, Bari e Milano. Che differenze hai notato?
A Bari gioco in casa e mi permetto di far parlare i personaggi nel dialetto stretto locale permettendomi come un jazzista delle svisate di puro divertissement sul testo, a Roma e Milano, come del resto in tutta Italia, sono costretto a “italianizzare” con cadenza barese il tutto. Non ti nego che alla fine degli spettacoli arrivano sempre un tot di spettatori a confessarmi le loro origini baresi e a raccontarmi aneddoti di nonni e zii. Soprattutto a Milano, dove i baresi hanno colonizzato la città negli anni ‘60.
Antonio Palumbo(III) nasce a Bari nel 1973. Frequenta il laboratorio teatrale del Kismet O.Per.A. diretto da Robert McNeer, nel 1997. L’anno seguente si trasferisce a Roma, dove attualmente vive e lavora. Al cinema esordisce come attore nel 2000 con Paolo Virzì e nel corso di questi anni lavora, tra gli altri, con Nico Cirasola, Martin Scorsese, Alessandro Piva e Francesco Gasperoni. Nel 2004 vince il premio miglior regia, miglior spettacolo, miglior autore del festival italiano dei corti teatrali con “Bossolo” da lui scritto e diretto e interpretato da Totò Onnis (Premio Miglior Interprete).
Gosth writer per la televisione e autore di racconti di narrativa, è anche autore e regista di spot radiofonici. Attualmente è impegnato nelle riprese del suo documentario “Nicola, cozze, kebab & coca cola” ispirato alla figura di Nicola di Myra e al mito di Santa Claus. Pro.Vola è il brand da lui creato per la produzione teatrale.