In un quartiere di periferia ma molto attivo nel tessuto urbano cittadino, Antonello Stella e Susanna Ferrini elaborano nuove modalità di ‘spazio’ sulla base di un principio matematico, quello del ‘limite’. Sta proprio in questo il nucleo della progettualità e dei
lavori di n!studio: una ricerca costante che ha come obiettivo non tanto la soluzione della forma quanto la percezione delle cose. All’interno dello studio, fondato nel 1991 a Pietralata, Stella e Ferrini si occupano di opere pubbliche e spazi culturali, in particolare di carattere scientifico. I due architetti sono entrambi docenti, rispettivamente, presso la Facoltà di Architettura dell’Università di Ferrara e quella di Pescara. Alla loro attività hanno unito la partecipazione a numerosi concorsi di carattere nazionale e internazionale. “Negli ultimi anni abbiamo orientato il nostro lavoro soprattutto all’estero, sebbene in passato abbiamo realizzato piccole opere a Roma e provincia: un museo naturalistico nel complesso della Rocca Savelli a Nazzano mentre, nella capitale, una biblioteca nel convento dei SS Quattro Coronati, un Deposito Laboratorio Archeologico nel Parco della Villa dei Quintili e uno spazio verde al Villaggio Olimpico”. Sono diverse le proposte progettuali che n!studio ha attivato: nel 2008, ad esempio, ha sviluppato una proposta di masterplan per il nuovo “Hai Phong 2050 Cultural District” in Vietnam, e, nello stesso anno, ha partecipato alla XI Biennale di Architettura di Venezia, dove i due architetti hanno presentato le loro ‘visions’ per il futuro sviluppo della città di Roma, intitolato “Ecovoids, un nuovo network per un’architettura virale a Roma”. L’obiettivo del nostro lavoro? “È sempre stato quello di veder ‘materializzate’ le nostre idee in architettura. Per riuscire a fare questo, nonostante un inizio incoraggiante, abbiamo dovuto cercare occasioni di un certo livello fuori dal nostro Paese, e questo ci ha creato non poche difficoltà di ‘sostentamento’. Il nostro lavoro nasce da un urto con la realtà che costringe l’atto creativo a non essere fine a se stesso ma a relazionarsi con il senso delle cose e del mondo”. Originalità a parte perché “oggi, non può essere un valore. Nell’epoca post-moderna, i grandi racconti ci sono preclusi. In attesa dell’arrivo di un grande paradigma, che probabilmente non apparterrà alla nostra generazione, ci limitiamo a seguire il buon senso cercando, piuttosto che l’originalità, nuove relazioni tra le cose”.
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