La città, il territorio e la creatività
Quello che stiamo vivendo è un periodo storico in cui, via via, si sta rivalutando la relazione con il territorio e la cultura di origine delle diverse espressioni artistiche e culturali. Si parla di “multiculturalismo”, ed autorevoli studiosi quali Umberto Galimberti e Michel Maffesoli concordano sul fatto che oggi l’occidente guarda con attenzione e con pariteticità le manifestazioni delle “culture altre”, proprio per il contenuto di diversità che esprimono. Solo una creatività che riconosce la relazione con il territorio di origine può esprimere oggi qualcosa di nuovo e di diverso.
Vuole tentare una definizione di creatività?
L’impresa è molto ambiziosa. Direi che sicuramente ha a che fare con una spiccata capacità di “visione”, o di “pre-visione”, di ciò che potrà essere il nuovo, l’inconsueto, l’originale esito di una elaborazione intellettuale e poi professionale. La creatività tende a rovesciare e a sovvertire ciò che è dato. Tende a proporre nuovi equilibri e nuove soluzioni. È una capacità del tutto incontrollabile, ma sicuramente educabile, di fare sintesi e di elaborare nuove connessioni tra dati certi, tra fatti-cose già esistenti, ma che ricombinati possono offrire nuovi assetti, nuove funzioni, nuove possibilità. Sono molto importanti gli stimoli alla creatività, ed un territorio come la provincia di Roma e la metropoli stessa, ne offrono numerosi.
Quali sono gli elementi fondamentali che definiscono l’industria creativa nel campo dell’architettura e del design?
Oggi direi le reti, i sistemi e aggiungerei la trasversalità. Esistono delle reti generazionali, gli ex studenti piuttosto che i competitor; oppure reti associative, ordini professionali e associazioni culturali. Esistono poi le reti culturali, che sono strettamente legate ai territori ed ai momenti storici. Per esperienza diretta posso testimoniare che il confronto con altri professionisti o con altri studiosi è fondamentale. La relazione tra questi e il territorio in cui si opera, stimola oggi, più che mai, un senso di appartenenza, una voglia di community, ed in alcuni casi qualche progetto collettivo di promozione della creatività. Dicevo della trasversalità. La creatività si alimenta di connessioni incontrollabili, e gli stimoli – gli elementi da connettere – possono avere origini molto diverse: arte, multimedialità, letteratura, cinema, moda. Bisognerebbe promuovere sempre più azioni di “linkaggio”, come l’osservatorio della Creatività della Provincia di Roma sta facendo.
Quali sono i valori “altri” che lei collega alla creatività?
La positività, l’ottimismo, la solidarietà, la generosità. Alla base di una nuova architettura o di un nuovo prodotto di design c’è sempre la convinzione di poter migliorare la vita di ognuno di noi. Anche soltanto attraverso il semplice godimento estetico. In realtà dietro c’è molta più ambizione, spesso limitata dal sistema produttivo o dal mercato. Per cui dietro ogni atto creativo potrebbe nascondersi un “dono” da fare agli altri, come direbbe Franco La Cecla. Oggi tra i creativi dovrebbe aver preso piede anche una certa sensibilità ecologica. Uso il condizionale, perché spesso non è così, o c’è soltanto un superficiale allineamento allo scenario della sostenibilità ambientale.
L’attività culturale, innovativa, ideativa fa bene a “cosa” secondo lei?
È il sale della vita. È il piacere, forse appena dopo le questioni sentimentali. Fare cultura dà senso alla vita contemporanea, così come lo attribuiva in passato alle azioni e alla vita dei nostri avi. Fa parte delle nostre propensioni. Personalmente mi sorprendo ancora oggi a godere delle “buone” idee avute da altri. Ed anche del controllo degli strumenti che hanno utilizzato per esprimerle. Parlo di buone idee, nel cinema, in letteratura e chiaramente nell’architettura e nel design. Per fortuna questo sentimento si trasforma sempre meno in invidia, e sempre più in una spinta all’emulazione, come consiglio ai miei studenti. L’attività culturale crea comunità e senso di appartenenza, le cosiddette “tribù” antropologiche. Gruppi che condividono valori culturali, interessi e passioni. Fare cultura fa bene alla società ed oggi si è visto che è anche un modo per fare business.
Nella provincia di Roma esiste una “classe creativa”? E, se sì, ha un profilo peculiare, una serie di caratteristiche che possiamo considerare uniche nel panorama romano?
La classe creativa romana, estesa a tutta la provincia, deve prendere coscienza di se e delle sue potenzialità.
Questo può avvenire solo favorendo connessioni e confronti, come appunto l’iniziativa della Provincia sta cercando di fare, e come faccio io attraverso il mio lavoro di direttore della rivista “Design for Made in Italy. Sistema design nelle imprese di Roma e nel Lazio”. La presa di coscienza e la fiducia nelle proprie capacità aumenta andando fuori, misurandosi con i miti ed i falsi miti creati dalla “comunicazione” e dai media. Posso affermare con certezza che i creativi, giovani e meno giovani, di questo territorio non hanno nulla da invidiare ai loro colleghi milanesi o veneti, per fare degli esempi italiani. Ma non hanno nulla da invidiare nemmeno ai talenti francesi, inglesi o americani. Molti miei ex studenti hanno varcato il confine dell’Italia, si sono distinti ed in alcuni casi anche affermati. La questione di fondo, il problema, è solo dei sistemi d’informazione e di promozione. Sono pochi e sono deboli. Da anni osservo gli esiti della creatività, prevalentemente nell’ambito delle diverse espressioni del design. Ebbene, c’è una crescita molto interessante in termini di qualità e di quantità. Una sola raccomandazione. Soprattutto i giovani devono riconciliarsi con la storia, con il passato, in termini di nuove relazioni con i segni di questo territorio. Segni dell’antichità, del Rinascimento e del Barocco, dell’Eclettismo, del Razionalismo, ecc. da assorbire, manipolare e proiettare nel futuro. Basta guardare cosa hanno fatto della loro tradizione fiamminga i designer di quel territorio.
Quali sono secondo lei gli indicatori più interessanti dello stato di “salute” della creatività romana?
La partecipazione dei nostri creativi a eventi esterni: mostre, fiere ecc. Le pubblicazioni, sempre più numerose. La proliferazione di mostre sul territorio.
A che cosa dovrebbero portare (o hanno portato) gli investimenti fatti e da fare in campo creativo?
A quello che dicevo prima. Porterebbero alla creazione di una community più consapevole delle proprie capacità e delle proprie potenzialità. A una rete di relazioni, di scambi e di progetti.
Esiste un caso estero o italiano di “trattamento” riservato alla classe creativa a cui dobbiamo guardare con successo?
Non posso ampliare gli esempi di politiche internazionali a supporto di tutte le professioni creative, ma posso riportare alcune iniziative riferibili all’ambito del design. Dallo storico Design Council Britannico che da sempre incide a livello governativo per definire azioni e misure a supporto del design, all’emblematico VIA – Valorisation de l’Innovation dans l’Ameublement – francese che ha tenuto a battesimo designer oggi famosissimi, fino alle più recenti iniziative asiatiche dei design center – vedi Hong Kong – fino a Seoul divenuta World Design Capital 2010. Tutte iniziative in cui la politica ha deciso di investire sul design, convinta del suo valore strategico per il futuro dell’economia e dello sviluppo.
Esiste un’esperienza che considera esemplare per le sue competenze e capacità? Quale?
Il VIA appunto. Ha una storia di circa 30 anni, ed è stata voluta dall’industria del mobile francese e dal ministero dell’industria. Continua ancora oggi a promuovere la creatività e la ricerca in questo settore. Ma l’Oriente oggi pullula di iniziative analoghe.
Carlo Martino
Architetto e designer (Bari 1965). Carlo Martino è professore di Disegno Industriale presso “Sapienza” Università di Roma. Membro della rete di ricerca nazionale SDI – Sistema Design Italia e vicepresidente dell’ADI Lazio, l’Associazione per il Design Italiano, è anche membro del Consiglio Italiano del Design, presso il Ministero delle Attività e dei Beni Culturali, e dell’Osservatorio della Creatività della Provincia di Roma. Negli anni ha curato mostre di design e di grafica. Nel 2004 ha fondato la “Studiomartino.5 srl”, una società di servizi di progettazione attiva nel design strategico e nel product, graphic ed exhibit design. Tra le aziende con cui ha collaborato: Catalano, GSI, Gedy, I Conci, Ad Hoc, Metaform, Pixel e Unopiù. Nel 2003 ha ottenuto una selezione nell’ADI INDEX con il progetto di sanitari ZERO+ ed il premio internazionale Design Plus con il progetto “Help e Verso”; nel 2004 altri suoi prodotti hanno ottenuto l’IF Product Award di Hannover; nel 2005 il progetto dello Stand Catalano al Cersaie ha ottenuto un’altra selezione nell’ADI INDEX nella sezione “Visual Design”. Nel 2008 il prodotto “Minnesota Wood” per la Gedy ha ottenuto l’IF Product Award e nel 2009 lo stesso riconoscimento gli è stato conferito per il lavabo in pietra “Otto”, prodotto da IConci. Del 2011 è il Design Plus di Francoforte per il “Termoarredo TIKI” di Ad Hoc. Redattore capo della rivista bimestrale “Disegno Industriale”, dalla sua fondazione nel 2002 fino al 2005, ed oggi responsabile della rubrica Designer della stessa testata, ha fatto parte della redazione design della rivista “Il Progetto”. Dal gennaio 2009 è direttore dell’allegato alla rivista Disegno Industriale “Design for Made in Italy. Sistema design nelle imprese di Roma e del Lazio”. Ha pubblicato numerosi articoli e saggi per altre testate (Rassegna, Ottagono, AR, Op.cit, Frame, G.d.A, Costruire in Laterizio, Il Giornale dell’Architettura, GUD, Arte e Critica, Bagno e Design, Il Bagno Oggi e Domani, Asian Ceramics, ecc…). È, inoltre, autore di numerose voci e biografie nell’ambito del design per l’Istituto dell’Enciclopedia Italiana di Giovanni Treccani, del volume sull’opera di Gaetano Pesce edito da Marsilio, e dei volumi Outdoor Restyling e Design on the Edge, editi entrambi da Palombi.