ROMA ART 2NIGHTS

Dal 23 al 25 settembre torna la seconda edizione weekend d’arte
contemporanea capitolino promosso da Untitled Association

Riapre l’autunno per l’arte della capitale ed in occasione della riapertura delle attività di gallerie e Musei, Fondazioni e spazi espositivi la Untitled Association ripropone l’evento Roma Art 2Nights. Una tre giorni dedicata non solo agli amanti dell’arte contemporanea e ai collezionisti, ma a chiunque vivere un week end all’insegna di eventi culturali. Infatti il programma è ricco di appuntamenti: reading, presentazioni, performance all’interno di 10 gallerie, 3 fondazioni e 2 musei (il MACRO – Museo d’Arte Contemporanea di Roma e il MAXXI – Museo Nazionale delle Arti del XXI Secolo). “L’iniziativa offre una visione del panorama variegato dell’arte contemporanea in una cornice di dialogo, di scambio e di confronto, venendo incontro alle esigenze di un pubblico sempre più trasversale”. Ne parliamo con Danilo Ruggiero co-fondatore della Untitled Association:
Come nasce l’iniziativa Roma Art 2Nights?

L’idea è nata in maniera estemporanea e dal basso nel settembre 2009 quando era stata organizzata  per l’inaugurazione della stagione di alcune gallerie (furono 7/8 gallerie a partecipare in quel periodo) una festa ed una cena che permettesse di aprire lo spazio espositivo e di far incontrare anche amanti del settore dell’arte prendendo spunto dalle “gallery weekend” che si organizzano negli altri paesi e in città come Milano. Dopo questa prima esperienza abbiamo pensato di riproporla in maniera più amplia e non limitarla solo ad un evento “opening” ma di poter coinvolgere sempre più anche persone che possano venire da fuori Roma. L’anno scorso abbiamo iniziato a creare questo network ed a rispondere ad un’esigenza che diverse gallerie sentivano nel voler portare avanti una manifestazione. Così abbiamo creato collaborazioni tra gallerie private di arte contemporanea, musei e fondazioni.
Roma Art 2Nights, questa seconda edizione?

Questa seconda edizione della manifestazione presenta al suo interno già alcune novità sostanziali. Innanzitutto le gallerie che partecipano sono state selezionate da un comitato di esperti dell’arte contemporanea. Abbiamo invitato e ospitato 20 collezionisti che per l’occasione potranno ammirare l’offerta artistica “romana” e trasmetterla anche fuori dal nostro Paese, un modo per creare un circuito di comunicazione per quanto riguarda la nostra realtà culturale non solo legata alle gallerie ma anche ai nostri spazi culturali più istituzionali. Infine, una novità di quest’anno è il lancio e la premiazione della prima edizione del Menabrea Art Prize. Si tratta di un premio annuale finalizzato a valorizzare artisti emergenti italiani non ancora rappresentati da gallerie, sponsorizzato da Birra Menabrea S.p.A. che ha ideato e promosso l’operazione con Untitled Association. Questa mi è sembrata un’operazione interessante perché nel marchio Menabrea ho sempre riscontrato una sensibilità estetica. Da sempre interessato al mondo della grafica, basta guardare le etichette dagli anni ’50 ad oggi, Menabrea si rivolge all’arte contemporanea e vuole offrire un’occasione di maggiore visibilità a giovani artisti. I 5 finalisti, selezionati dal team curatoriale di cura.magazine che sono stati chiamati a riflettere sul tema del doppio, sono: Anna Franceschini (Vigevano, 1979); Invernomuto, duo composto da Simone Bertuzzi (Piacenza, 1982) e Simone Trabuzzi (Piacenza, 1983); Postcards from Beirut, duo composto da Elisabetta Mori, (Livorno, 1978) e Rocco Poiago (Firenze, 1976); Mirko Smerdel (Prato, 1978).
Untitled Association, da cosa nasce il nome della vostra associazione?

“Senza Titolo” è un richiamo al mondo dell’arte contemporanea e a quell’esigenza di non dover dare necessariamente un titolo ad un’opera. Ma l’idea che c’è dietro questa scelta per il nome della nostra associazione è legata anche al fatto che possiamo considerarla come un “contenitore” che, di volta in volta, acquista una caratteristica diversa sulla base dell’evento o dell’attività che viene promossa, come in questo caso per il Menabrea Art Prize e Roma Art 2Nights.

Sono dieci le gallerie promotrici del progetto Roma Art 2Nights: 1/9unosunove, 200 Différents oiseaux, Federica Schiavo Gallery, Furini Arte Contemporanea, Gagosian Gallery, Galleria Marie-Laure Fleisch, Magazzino, Monitor, RAM Radioartemobile, T293 e The Gallery Apart, a cui si affiancano le mostre alla Fondazione Pastificio Cerere, alla Fondazione Volume! e alla Nomas Foundation. Il programma degli eventi “Roma Art 2Nights” prevede il 23 settembre 2011: dalle ore 10 alle ore 20 apertura straordinaria di Gallerie e Fondazioni.
Ore 19.00 Proiezione e talk con Rosalind Nashashibi, a cura di Nomas Foundation presso l’auditorium del MACRO Museo d’Arte Contemporanea Roma in via Nizza 138.

Il 24 settembre 2011: dalle ore 10 alle ore 20 apertura straordinaria di Gallerie e Fondazioni.
Ore 22.30, Roma Art 2Nights Party presso la Hall del MAXXI.
Il 25 settembre 2011, dalle ore 10 alle ore 18 apertura straordinaria di Gallerie e Fondazioni
Ore 19.00 cocktail di chiusura e premiazione del Menabrea Art Prize presso la terrazza del MACRO.
Per maggiori dettagli: www.art2nightsroma.org

POSTCARD FROM…

Dal 14 settembre al 21 ottobre alla Fondazione Pastificio Cerere di Roma il terzo appuntamento di Postcard from… è la volta di Massimo Grimaldi

Massimo Grimaldi è il terzo protagonista del progetto rivolto alla diffusione dell’arte contemporanea nel contesto urbano, promosso dalla Fondazione Pastificio Cerere e ideato dal direttore artistico Marcello Smarrelli. L’evento, dal titolo Texts, prevede una mostra, concepita per gli spazi della Fondazione, composta da tre testi esposti per la prima volta in Italia, di cui uno realizzato per questa occasione. Postcard from…, con la collaborazione di A.P.A. – Agenzia Pubblicità Affissioni, prevede che nell’arco di tutto il 2011 quattro artisti realizzino ciascuno un manifesto come quelli usati nella cartellonistica pubblicitaria, da esporre nel cortile del Pastificio Cerere (Via degli Ausoni, 7 ) e in altri dieci distribuiti in luoghi di Roma gestiti da A.P.A.  Il manifesto ideato da Grimaldi per Postcard from… deriva da un’opera realizzata dall’artista nel 2008, Finally, un testo sulla capacità di vivere e amare da parte di un artista legato alle tematiche comuni a tutti, come la solitudine, la tristezza per un amore perduto, la relazione tra due persone. È un modo efficace di destinare spazi inediti all’arte ma anche un’estrema riflessione sul ruolo dell’artista e sulla sua utilità sociale nella contemporaneità.
www.pastificiocerere.it

ROCK’n’DOLLS GROUP SHOW

Dal 16 settembre al 15 ottobre MondoPOP International gallery ospita la collettiva a tema femminile dedicato al rock, alle bambole ed ai tatoo

Si tratta di una sfilata di figure reinterpretate e forti dal carattere rock e tattoo: suicide girls, groupies, dame e bambole con uno sguardo al figurativo. Sono le nuove forme di bellezza femminile che provengono dall’immaginario Pop surrealista e proposto nella mostra “Rock’n’Dolls”a cura di Sara Dal Zotto. “Rock” come lo stile musicale che ha da sempre influenzato artisti e artiste della corrente, nata in California tra le macerie del post-punk. “Dolls”, invece, come l’estetica onirica di bambole creepy, rubate all’immaginario dei B-movies, da sempre punto di riferimento per chi ama il Lowbrow. MondoPOP ripropone lo spazio dove artisti emergenti si incontrano e si confrontano con esponenti storici della corrente Lowbrow e Pop Surrealista. Tra gli artisti presenti dal 16 settembre David Cook, DolceQ, Camilla D’Errico, Lori Early, Maria Rozalia Finna, Dean Fleming, Jamie Hewlett, Bethany Marchman, Morg,  Ombrascura, Paolo Pedroni, Lisa Petrucci, Raudiel,  Italia Ruotolo, Paola Sala,  Isabel Samaras, Mijn Schatje, Tokidoki, David Diavù Vecchiato per l’apertura autunnale della galleria che da cinque anni propone un eclettico viaggio nel mondo dell’arte contemporanea pop.
www.mondopop.it

NOTTE DELLA CABBALÀ

Il Ghetto ebraico è il palcoscenico notturno a cielo aperto dove vanno in scena artisti italiani e
internazionali per una “no-stop” di eventi culturali

Le porte del Vecchio Ghetto Demolito, nella zona tra il lungotevere De’ Cenci e via del portico D’Ottavia e tra via Arenula e il Teatro di Marcello, si aprono alla città per la Notte della Cabbalà . Dalle 20.30 alle 02.30 musica, teatro, degustazioni, incontri letterari, dj set sono gli ingredienti del programma di eventi culturali che ripropone tra Cabbalà, mistica ebraica e tradizioni millenarie una scoperta dei segreti di Roma, dove la presenza ebraica risale ad oltre duemila anni fa. La Cabbalà – che nasce e si sviluppa intorno al XII secolo – non ha mai cessato di essere una risorsa fondamentale per la lettura e la comprensione della tradizione ebraica e del mondo in generale. Gli argomenti trattati dalla Cabbalà sono vastissimi: si parte dalla Creazione del mondo e dall’essenza stessa di Dio per arrivare ai rapporti sociali tra gli uomini e alla vita quotidiana di ognuno di noi. Per questo motivo, anche oggi, è uno degli ambiti dell’ebraismo che maggiormente affascina e attrae l’interesse di un pubblico non solamente religioso e non solamente di origine ebraica. Un percorso culturale alla scoperta delle radici storiche della città proprio in occasione dei 150 dall’Unità d’Italia, tra memoria e modernità, nel cuore pulsante della cultura romana, conservata anche grazie ai numerosi restauri fortemente voluti e sostenuti da Roma Capitale. Tutte le iniziativa della Notte della Cabbalà sono ad ingresso gratuito e inaugurano la quarta edizione del Festival Internazionale di Letteratura Ebraica, che si svolgerà a Roma dal 17 al 21 settembre 2011, con ospite d’eccezione lo scrittore israeliano A. B. Yehoshua al Tempio di Adriano intervistato dal giornalista Marino Sinibaldi. Sarà un “viaggio nella letteratura ebraica” durante il quale l’attore Massimo Ghini leggerà una selezione di brani. La Notte della Cabbalà è promossa da Roma Capitale, Assessorato alle Politiche Culturali e Centro Storico, Camera di Commercio di Roma e Comunità Ebraica di Roma, in collaborazione con Festival Internazionale di Letteratura Ebraica e Golda International Events, con l’organizzazione Zètema Progetto Cultura.
www.romaebraica.it
www.festivaletteraturaebraica.it

SANDRO IOVINE

La città, il territorio e la creatività. Parliamo del campo della fotografia con Sandro Iovine, per il quale è diventata una professione che ha oltrepassato i set di ripresa e ormai coinvolge ventiquattro ore su ventiquattro, sette giorni su sette, il professionista in tutti gli aspetti della sua vita.

Vuole tentare una definizione di creatività?
Nel termine stesso di creatività è implicita una radice che rimanda a quell’atto generativo che permette di passare da una condizione in potenza ad una in fieri. Per questo, senza nutrire la presunzione di dare una mia definizione del concetto di creatività, ritengo che con questo termine si possa identificare l’insieme di azioni che, in una correlazione più o meno evidente, consentono di raggiungere qualcosa se non di nuovo, quantomeno di originale per risultato o soluzioni. Personalmente potrei anche sposare l’assiomatica definizione di Poincaré,  per il quale la creatività si esprime nella capacità di unire elementi esistenti per mezzo di nuove combinazioni e connessioni con il fine dell’utilità. Senz’altro implica la rottura degli schemi precedenti a favore della costruzione temporanea di nuove regole. Per poter accettare questo tipo di definizione è però necessario mettere i puntini sulle i, ovvero chiarire alcuni concetti. Innanzitutto la necessità di disporre della capacità di unire elementi differenti e prima ancora quella di scegliere gli elementi da mettere in relazione. Quest’ultimo punto ovviamente presuppone che ci siano esista una competenza  acquisita, ovvero una approfondita conoscenza degli elementi da mettere in relazione, grazie alla quale effettuare un’oculata selezione. È necessario poi che ci sia un’intuizione che guidi le scelte funzionali distillando gli elementi utili tra quelli possibili o a disposizione.  Ma senza l’esperienza acquisita sul campo che sollecita l’intuizione, il raggiungimento dei risultati sarebbe alquanto aleatorio. D’altronde senza una persistenza di fronte agli inevitabili errori sarebbe impossibile perseguire realmente un risultato. Ecco quindi che in accordo con Poicaré convengo sulla necessità di quattro elementi per poter parlare di creatività: Competenza, Esperienza, Intuizione e Tenacia. In fondo al concetto di creatività mi pare si possa accostare la definizione di genio data da Edison: «genio è l’uno per cento d’ispirazione e il novantanove per cento di sudore. Quindi, un genio è spesso soltanto una persona di talento che ha fatto tutti i compiti a casa». Ma un’altro concetto credo sia opportuno precisare. Quello di utilità. Sotto il profilo commerciale ritengo sia perfettamente altre parole. Il principio che sottende il guadagno suppongo che al giorno d’oggi sia chiaro a tutti. Credo però che l’utilità non possa e non debba essere valutata solo in termini di registro di cassa, ma vada misurata anche e soprattutto in base a criteri più ampi. Si deve in altre parole prendere in considerazione il fatto che al di là del ritorno economico immediato, esistono processi di medio lungo periodo in cui un progetto creativo può rivelare la propria utilità, ad esempio, come trampolino di lancio per nuove idee. Credo fermamente che la parola ricerca dovrebbe essere sempre sottintesa ogni volta pronunciando il termine creatività o i suoi derivati. Di recente mi è capitato di incontrare e intervistare Frank Horvat, un fotografo famoso con qualcosa come sessantacinque anni di professione alle spalle, parecchi dei quali trascorsi all’interno di Magnum. Bene lui, oggi, ha 83 anni e continua a ricercare nei meandri più profondi della fotografia, adeguandosi alle nuove tecnologie, scoprendo linguaggi che negano alcuni degli statuti su cui la fotografia si è fondata finora. Questa credo sia la creatività, quella vera, applicata come ragione di vita. So di avere una visione in tal senso fortemente condizionata dal romanticismo tedesco del diciannovesimo secolo, ma credo che la creatività sia un istinto insopprimibile, qualcosa con cui ci si deve confrontare fino all’ultimo istante di vita. Non perché si è deciso di votarsi alla sua causa, ma semplicemente perché non se ne può fare a meno.
Quali sono gli elementi fondamentali che definiscono l’industria creativa nel campo della fotografia?
Se avessi una risposta certa a questa domanda credo che potrei vantare un credito vitalizio nei confronti dei professionisti che operano nel settore. Al di là delle battute, oggi come oggi è estremamente difficile poter definire quali siano gli elementi che definiscono l’industria creativa in ambito fotografico, in quanto il settore ha subito una serie di trasformazioni molto importanti che hanno generato cambiamenti molto veloci e forse anche poco prevedibili nel medio periodo. Al momento attuale credo, con Peter Galassi, che ancora nessuno sia seriamente in grado di andare oltre una descrizione didascalica dello status quo. Il quale per altro appare estremamente fluido. Il livello commerciale connesso alla creatività fotografica è drasticamente crollato, tanto da indurre non pochi studi e professionisti a rivedere il loro profilo in modo spesso radicale. La conseguenza di questo fenomeno è che oggi tutti sono creativamente impegnati a ridefinire il loro status operativo, a inventare settori che fino a ieri non esistevano, a costruire o vantare professionalità nuove. Ancora una volta e a costo di ripetermi credo che il fondamento per poter operare una ricollocazione della fotografia nell’ambito creativo sia la ricerca continua di nuove strade e strategie operative e di mercato. La professione è rimasta per decenni uguale a se stessa inducendo chi la praticava a limitare la sua creatività (laddove il cliente lo avesse permesso) alla parte finale della produzione, ovvero alla costruzione dello scatto. Oggi il problema deve necessariamente essere esteso, a tutto il processo produttivo. Innanzitutto occorre ripensare la fotografia e renderla uno strumento più flessibile di prima, cercando quelle nicchie in cui può rivelarsi insostituibile supporto alla creatività. Il che significa come minimo informarsi continuamente sulle possibilità offerte dalle tecnologie in aggiornamento quotidiano. E poi sperimentare, sperimentare continuamente, andando contro le regole solo dopo averne apprese le basi. Se fino a ieri la creatività contava soprattutto nello scatto, oggi si può dire che conta anche nello scatto. La creatività è uscita dai limiti che le erano stati imposti, ha oltrepassato i confini del set di ripresa e coinvolge ventiquattro ore su ventiquattro, sette giorni su sette, trecentosessantacinque giorni su trecentosessantacinque il professionista in tutti gli aspetti della sua vita. E chi non se ne è ancora reso conto, probabilmente non è cosciente di essere già stato messo alla porta dalla creatività.
Quali sono i valori “altri” che lei collega alla creatività?
Temo che la mia formazione umanistica si sia già manifestata più di quanto il contesto non renderebbe auspicabile, ma con questa domanda ho paura che esploderà senza controllo prendendo definitivamente il sopravvento nelle risposte. A mio personalissimo modo di vedere la creatività è una delle espressioni più pure dell’identità dell’uomo. Nella creatività c’è l’essenza del continuo rinnovamento che ha portato questa… razza maledetta a sollevarsi dalla postura a quattro zampe per raggiungere la stazione eretta. C’è l’evoluzione che condotto dall’uso degli strumenti in pietra a quello del computer. C’è l’anima stessa dell’uomo, quella descritta da Dante Alighieri con parole immortali: «Considerate la vostra semenza/fatti non foste a viver come bruti/ma per seguir virtute e canoscenza». Penso insomma che senza la creatività e tutto quello che essa comporta e produce si perda una dimensione fondamentale della natura umana. Proprio quella che fin troppi input interessati al giorno d’oggi ci invitano a cancellare. A prescindere ritengo che ben stigmatizzata e portata come riferimento, la creatività possa essere latrice di valori paideutici all’interno di uno sviluppo sociale organico, che poi inevitabilmente si tradurrà, nel medio-lungo periodo, in un fattore di fondamentale importanza in tutti i settori, compreso quello dell’accrescimento economico.
L’attività culturale, innovativa, ideativa fa bene a “cosa” secondo lei?

Fa bene un po’ a tutto come ho appena detto. La promozione di attività che utilizzano la forza creativa produce pensiero diffuso e il pensiero diffuso conduce direttamente all’evoluzione. Oltre a generare idee può muovere economie, sia in modo diretto sia indiretto attraverso il contributo alla veicolazione delle informazioni. La vera sfida ritengo peraltro, per quanto riguarda la fotografia, che appartenga proprio alla sfera della produzione diretta di reddito. L’idea generata dalla creatività può aprire nuovi settori economici, creare tendenze. Bisogna però fare sempre attenzione a non confondere la creatività con la stravaganza che può esprimersi in termini assai poco produttivi e stimolanti. Se la creatività è espressa con sincera onestà, quella che deriva dalla ricerca continua, gli effetti non possono essere che positivi. Se invece si finisce per nascondere  dietro allo schermo della pseudo-creatività un opportunismo modaiolo di facciata, non stiamo più parlando di creatività, ma nella migliore delle ipotesi di stravaganza interessata, prodotta ed esibita unicamente per stupire e fare cassa a breve termine. Questo è il rischio che individuo, ma ovviamente si tratta di un pericolo generico e non di una tipicità connessa alla creatività, che in quanto tale rimane sempre e comunque un fattore positivo e trainante. Il resto erano e rimangono solo considerazioni sui limiti congeniti alla specie umana riunita in consorzio sociale.
Nella provincia di Roma esiste una “classe creativa”?
E, se sì, ha un profilo peculiare, una serie di caratteristiche che possiamo considerare uniche nel panorama romano?

Esiste eccome ed è anche molto vitale. Lo dimostra la continua nascita di nuove iniziative sul territorio nonostante il periodo di grande instabilità e di trasformazione che stiamo vivendo. Tra le caratteristiche peculiari direi che c’è una certa artigianalità nel senso migliore del termine. Quello che io noto, soprattutto nei più giovani è infatti una grande capacità di supplire, quando necessario, alla carenza di fondi. La creatività che si esprime nei prodotti passa anche per una creatività che adatta risorse non sempre all’altezza dei risultati finali. Questo è sintomatico della difficoltà che molti incontrano nell’esercizio della creatività stessa, ma per certi versi finisce per trasformarsi in un combustibile eccezionale. E, attenzione, quando parlo di questo tipo di artigianalità, non alludo a mancanza di professionalità, quanto piuttosto alla capacità di risolvere comunque un problema, trovare una soluzione indipendentemente dalle risorse a disposizione, mettendo a frutto le proprie capacità spinte al limite. Un’altra caratteristica dei creativi romani è quella di essere stati capaci di dar vita in determinati settori a vere e proprie correnti, come è avvenuto ad esempio nel fotogiornalismo che ha visto muoversi da Roma molti dei più affermati professionisti attualmente operanti in campo mondiale. E tutto questo, sia pure tra inevitabili dissidi, è anche frutto di incontri e scambi che forse sono riconoscibili come una tipicità che il territorio in qualche modo favorisce per cultura e tradizione. Il che non deve far pensare a un giardino dell’Eden dove basta allungare la mano per raccogliere frutti maturi. Come tutti i terreni del mondo reale anche quello della creatività a Roma e Provincia deve essere curato, ma non è un campo da ripulire dalle pietre prima di poterlo arare. Basta concimarlo e irrigarlo un po’ e offre frutti in abbondanza. E questa caratteristica, sollevata dal peso della metafora, è forse il profilo più peculiare ascrivibile alla classe creativa romana.
Quali sono secondo lei gli indicatori più interessanti dello stato di “salute” della creatività romana?

Oltre alla già citata fioritura di iniziative che promuovono la creatività ed operano al suo interno, direi tra gli indicatori più interessanti ci sono le affermazioni conseguite a livello nazionale e internazionale dai creativi romani. Per quanto riguarda la fotografia nello specifico, un fattore trainante per la buona saluta della creatività romana si può individuare nel successo che riscuotono le iniziative culturali e di formazione, che si pongono come vero e proprio termometro dello stato di salute del settore. Le singole iniziative che vedono protagonista la fotografia registrano un aumento costante di partecipazione pubblica, il che dimostra che il dare spazio alle manifestazioni in cui si esprime la creatività, è la risposta a un bisogno collettivo e non solo una necessità sentita dagli attori della creatività. Analogo il discorso che si può fare per quanto riguarda le strutture di preparazione tecnico professionale che continuano ad attirare moltissimi studenti e non solo dalla Capitale e provincia, ma da tutta Italia e spesso anche dall’estero. Questo conferma l’esistenza di una vera e propria fame di luoghi in cui esercitare la creatività, sia in forma passiva sia in una dimensione attiva. Sì, decisamente vedo nel successo di pubblico, quello che non necessariamente rientra, nella categoria dei professionisti di settore, uno degli indicatori più positivi sullo stato di salute delle creatività romana.
A che cosa dovrebbero portare (o hanno portato) gli investimenti fatti e da fare in campo creativo?

Accennavo poco fa alla presenza di una interessante proliferazione di iniziative nel territorio di Roma e Provincia come a un fattore positivo, a un indicatore dello stato di salute generale della creatività romana. Il problema è che spesso queste iniziative che potrebbero facilmente trovare supporto tra di loro, rischiano di produrre, rispetto alle loro potenzialità, solo una polverizzazione di risorse. Il che significa che di fronte a un potenziale enorme si rischia materializzare il proverbiale topolino partorito dalla montagna. Da qui deriva l’importanza degli investimenti fatti e in corso a favore della creatività da parte delle istituzioni. Queste ultime a Roma e Provincia hanno iniziato a farsi carico di un ruolo di connessione con iniziative importanti come quella che ha visto nascere il sito sulle cui pagine state leggendo questa intervista o il volume che completa il progetto. Ritengo assolutamente fondamentale il ruolo di coesione e sostegno delle iniziative dei privati da parte delle istituzioni che sole possono avere la forza di mettere in contatto iniziative e risorse complementari con la finalità di una crescita collettiva dai risvolti positivi su tutti i livelli. Solo attraverso il sostegno (che non deve intendersi necessariamente come di tipo economico) e il riconoscimento pubblico degli sforzi dei privati si possono superare gli individualismi e contribuire a cambiare l’atmosfera che circonda il mondo della creatività. Ecco un obiettivo primario da raggiungere credo sia quello di rendere comprensibile alla maggioranza del pubblico la fondamentale importanza della creatività.
Esiste un caso estero o italiano di “trattamento” riservato alla classe creativa a cui dobbiamo guardare con successo?

Occupandomi principalmente di fotografia avverto una difficoltà ontologica nell’individuare casi italiani cui fare riferimento. Trovo estremamente positivo l’impegno dimostrato concretamente da iniziative come RomaProvinciaCreativa, un ottimo e consolidato inizio che arriva dalle istituzioni e non si limita al consueto esercizio di retorica politica, ma si attua concretamente. Iniziative del genere vanno sostenute da tutti gli addetti ai lavori con impegno e lungimiranza. Si tratta di qualcosa che può contribuire a produrre se non un vero e proprio cambiamento, almeno una forte scossa per iniziare a incamminarsi in questa direzione. Prima ancora di ottenere dei risultati concreti è infatti necessario trasformare l’atmosfera che circonda la creatività. Il ritardo che a livello internazionale ci vede lontani da posizioni di vertice, non è certo dovuto alla mancanza di risorse e potenzialità, quanto piuttosto alla mancanza una cultura diffusa e condivisa della creatività. È su questo che innanzitutto abbiamo il dovere di lavorare, producendo connessioni e relazioni che valorizzino la percezione media della creatività nel nostro paese e facilitino l’integrazione di risorse. Questo è forse il vero esempio che dobbiamo trarre da altri paesi come la Francia o la Germania, tanto per rimanere in Europa, dove esiste una vera cultura della creatività, stimolata a partire dagli esordi scolastici e alimentata nella quotidianità da mezzi d’informazione e istituzioni. Mi rendo conto che questo significa un enorme sforzo e una lotta impari nei confronti dell’attitudine individualista intrinseca al DNA degli Italiani. Ma se penso a quali potrebbero essere i risultati che sono alla nostra portata, sono convinto che non si possa non accettare la sfida.
Esiste un’esperienza che considera esemplare per le sue competenze e capacità? Quale?

Credo che piuttosto che pensare a un’esperienza da imitare, tutti noi dovremmo impegnarci con serietà a produrre un’esperienza esemplare per gli altri. Anche questo modo di pensare fa parte del cambiamento di atmosfera intorno alla creatività cui accennavo poc’anzi. Roma può e soprattutto deve poter assumere un ruolo di guida non solo nei confronti dell’Italia, ma anche della comunità internazionale. Le risorse ci sono e le istituzioni con iniziative come RomaProvinciaCreativa stanno dimostrando concretamente di aver compreso il ruolo che possono esercitare nella crescita di molti settori, a iniziare dall’economia, sostenendo e promuovendo lo sviluppo della creatività.

Sandro Iovine, giornalista, critico fotografico e curatore di mostre, nasce a Roma nel 1961 dove studia Scienze Politiche con Indirizzo Internazionale e consegue il diploma in Lingua e Cultura Giapponese presso l’Istituto Italiano per il Medio ed Estremo Oriente. Nel 1988 inizia a lavorare come redattore nelle riviste per la rivista di fotografia Reflex e Foto Pro. Nel 1992 crea e dirige a Roma il Centro Fotogiornalismo, organizzando mostre in Italia e in Giappone con, tra gli altri, Francesco Zizola, Riccardo Venturi, Angelo Raffaele Turetta, Paolo Pellegrin, Dario Coletti. Tra il 1998 e il 2001 cura e coordina la realizzazione e la diffusione della mostra 25 anni all’infermo: la storia dei Medici Senza Frontiere. Nel frattempo collabora come docente con il Mifav dell’Università di Tor Vergata per la realizzazione di corsi e master e codirige la testata F&D (Fotografia & Dintorni). A partire dal 1999 assume la direzione del mensile Il fotografo iniziando un’esperienza tuttora in corso. Nella sua carriera ha curato tra le altre le mostre e i volumi Ammentos (Dario Coletti, 1997), 180 Basaglia (Dario Coletti, 1998), Bambini (Paolo Pellegrin, 1998), 25 anni all’inferno, la storia dei Medici Senza Frontiere (Autori Vari, 1999), Sette Minuti (Riccardo Venturi, 2001), A. D. 1176 (Umberto Armiraglio e Cristiano Fabris, 2005), Il permesso di crescere (Claudio Argentiero e Bruno Taddei, 2005), Some Jazz in B. A. (Umberto Armiraglio, Claudio Argentiero e Cristiano Fabris, 2006), Calabria in festa (Marco Marcotulli, 2006), San Rossore (Nicola Ughi, 2007), Il velo della Sposa (Mario Vidor, 2008), Estremi: tra edonismo e nostalgia negli anni 2000 (Gabriele Micalizzi, Alessandro Sala, Guglielmo Trupia, 2008), Menotrentuno – Delirio di normalità (Emanuele Cremaschi, 2008), Les yeux de la Guerre (Ugo Lucio Borga, 2010), D-Day (Marco Perini, 2011). È stato curatore di Menotrentuno, rassegna europea dedicata ai giovani fotografi e della sezione fotografia del progetto RomaProvinciaCreativa per l’anno 2011. Ha collaborato con varie testate giornalistiche e radio-televisive tra cui Paese Sera, Il Manifesto, Avvenimenti, Il Giornale di Napoli, Tele Montecarlo, Radio Tre, Radio Svizzera Italiana e collabora con Radio Uno, Radio 24. Nel 2007 crea il blog Fotografia: Parliamone! (www.sandroiovine.blogspot.com).

ROMA PROVINCIA CREATIVA