Alice Pasquini

Alice Pasquini, in arte AliCé, è una visual artist che lavora come disegnatrice, scenografa e pittrice. Nata a Roma nel 1980, si diploma presso l’Accademia delle Belle Arti e si specializza all’Università Complutense di Madrid. Successivamente illustra la graphic novel “Vertigine”, trasformando in immagini i testi di Melissa Panarello. I più importanti brand del mondo l’hanno voluta per le loro campagne di comunicazione, così come alcune testate giornalistiche italiane per la sua direzione creativa.

Tutti i miei lavori” – dice – “sono creazioni artistiche sulle persone e i loro legami. Il mio interesse è rappresentare i sentimenti umani ed esplorare punti di vista differenti. In particolar modo mi piace raffigurare donne forti e indipendenti. Sono affascinata dalle immagini cariche di atmosfera che procurano quel senso di déjù vu collettivo“. Il tratto unico e immediatamente riconoscibile di questa giovane artista nasce e cresce in quella che viene definita “street culture”. Alice è infatti considerata una tra le street artist più importanti del mondo. Più di mille sono le opere dipinte sui muri delle città: dal Marocco alla Norvegia, dalla Francia alla Russia passando ovviamente per l’Italia. “La mia ricerca artistica” – racconta Alice – “nasce dalla necessità, come pittrice, di andare oltre i limiti della tela e dello studio e di creare arte non solo per gli spettatori, ma anche per i cittadini. L’arte murale ha infatti la capacità di trasformare i luoghi anonimi delle nostre città in posti carichi di affetto e significato per le persone che li vivono“. La maggior parte delle sue opere raffigura persone comuni in situazioni reali, non tralasciando però lo spazio per il sogno e l’immaginazione.

Così scrive la 999Contemporary, galleria d’arte romana che ha ospitato alcuni suoi lavori: “Lei disegna con quella dolcezza che conosce solo chi ha assaggiato l’amaro delle promesse non mantenute che la vita gli ha fatto. Il lavoro di Alice è per tutte quelle principesse che preferiscono quattro topi e una zucca, a carrozza e cavalli bianchi.
Per quanto riguarda il principe azzurro meglio che rimanga nelle favole, piuttosto
che nel mondo che abitiamo noi perchè qui non sopravviverebbe.
E Alice, con ogni sua opera, ce lo ricorda“.

WWW.ALICEPASQUINI.COM

Riccardo Mannelli

Nato a Pistoia nel 1955, Riccardo Mannelli si trasferisce a Roma nel 1977 dove tutt’ora vive e lavora. Sue le vignette satiriche de Il Fatto Quotidiano, del celebre periodico Cuore, de la Repubblica e di tante altre testate, anche estere. Sarebbe riduttivo però circoscrivere il lavoro di questo disegnatore solo alla satira. “L’attività in campo editoriale – racconta Mannelli – nasce da un’altra necessità: quella di guadagnare per vivere. Intorno ai vent’anni capii che sarebbe stato improbabile campare con la pittura“. Allo stesso tempo, Mannelli, non ha mai smesso di ricercare quella densità stilistica di cui è ricco ogni suo tratto, sia esso pittorico o satirico.

Da molti è considerato un “maestro”, fama confermata dalle sue opere alcune delle quali esposte alla Galleria Gagliardi di San Gimignano. I suoi disegni effettivamente sono dei veri e propri quadri. L’uso del chiaroscuro evoca tecniche pittoriche di artisti come Caravaggio, abili nel ricreare l’effetto verità sulla tela. Inoltre Riccardo ha incredibili capacità di rappresentare il nudo, forma di ritratto cara a molti pittori e scultori che hanno fatto la storia dell’arte. Per questo è insegnante di Disegno dal vero e Anatomia all’Istituto Europeo di Design di Roma di cui coordina il Dipartimento Illustrazioni. Il realismo che contraddistingue le sue opere non vuole semplicemente “fotografare” un soggetto, bensì, come lui stesso racconta “comunicare emozioni. E di conseguenza suscitare reazioni. Con la pittura, che è il mio equilibrio passionale. E con il disegno, che è il mio respiro animale“. Perchè il suo lavoro nasce prima di tutto da un’esigenza fisica che si traduce nel disegnare e interpretare tutto quello che vive intorno a lui.

L’originalità di questo artista, per continuare a citare le sue parole “sta tutta nel fatto che mi devo divertire, devo appagarmi completamente e quindi il mio è un continuo ricercare strade nuove e nuovi cimenti. Non ho mai avuto nessun messaggio da comunicare. Devo fidarmi di quello che mi frulla nella pancia, se scombussola me può darsi che ‘tocchi ‘ anche qualcun altro“.

Giacomo Bevilacqua

La carriera di Giacomo Bevilacqua era praticamente già segnata al momento della sua nascita. Suo padre era un musicista ma, soprattutto, un collezionista di fumetti. Crescendo, Giacomo frequenta il liceo artistico e poi la Scuola Internazionale di Comics, diventando una delle firme più interessanti del panorama fumettistico italiano. Dal 2003 inizia a disegnare per la casa editrice Eura alcuni albi dei personaggi di “John Doe” e “Detective Dante”, poi crea insieme allo sceneggiatore Lorenzo Bartoli il personaggio di “Easter”. L’abilità del disegno – che, come lui stesso dice, “nasce dalla mia testa, arriva alla mano e poi la penna fa il resto” – lo porta a realizzare storyboard per film, pubblicità e naturalmente il famoso personaggio di Panda della serie a fumetti “A Panda piace”.

Nel maggio 2008 l’autore era in chat con un’amica quando questa gli dice che il suo animale preferito è il panda. Nello stesso momento alla televisione danno “il favoloso mondo di Amelie” quando una battuta del film recita “ad Amelie piace”. L’associazione mentale di questi due elementi diventa “A Panda piace”. E’ così che Giacomo racconta di aver avuto l’idea, in modo del tutto fortuito e casuale. La sera stessa comincia a lavorare con l’intento di regalare qualche disegno agli amici. Ma il mese successivo, quando le tavole cominciano a farsi numerose, Giacomo decide di mettere le avventure del personaggio di Panda in rete, dedicandogli un blog. Tre strisce per ogni storia, per raccontare quello che piace a un panda: salutare le pecore aliene dal treno spaziale, oppure il disturbo dell’attenzione.

Centinaia di cose che variano dalle situazioni più assurde e improbabili a quelle più tenere. Da quel momento la popolarità del Panda che in realtà incarna i vizi e le virtù dell’uomo comune, diventa inarrestabile. La casa editrice Edizioni BD contatta subito Giacomo per una pubblicazione cartacea. Nel 2010 l’emittente televisiva La7 gli commissiona 10 soggetti animati da mandare in onda durante le feste natalizie. Non solo: sempre più riviste, giornali e portali chiedono di poter ospitare le strisce di “A Panda piace”. Il motivo del successo lo si deve sicuramente alla capacità che ha l’autore di far divertire con qualcosa di semplice. Soprattutto, come racconta lui stesso, “nel fumetto di Panda troviamo elementi della vita di tutti i giorni che possono essere ricondotti a ognuno di noi. Insomma, tutti ci si possono ritrovare, anche se io non faccio nient’altro che parlare della mia vita e delle mie esperienze“.

PANDALIKES.BLOGSPOT.IT

Luca Raffaelli

Romano, classe 1959, Luca Raffaelli è considerato uno dei massimi esperti italiani nel campo dei fumetti e dei cartoni animati. Giornalista, saggista e sceneggiatore, dal 1994 cura la rubrica “Nuvolette” su Lanciostory e da diversi anni scrive su Il Venerdì di Repubblica e su la Repubblica, per la quale cura le diverse collane di fumetti (ora quella a colori di Zagor). Ha pubblicato testi fondamentali sulla materia quali “Le anime disegnate” e “Tratti e ritratti” (minimum fax). Ha tenuto conferenze sui suoi libri in varie parti del mondo tra cui gli Stati Uniti, la Corea, la Cina e Taiwan. Ha lavorato per la televisione, come regista, conduttore e autore.

La cantante Mina ha interpretato un brano interamente suo: “Ninna pà”. E’ stato per tre anni il direttore artistico di Cartoombria, per dodici di Castelli Animati e per unidici di Romics. A ottobre 2012 Einaudi Ragazzi pubblica il suo romanzo “Enrichetto Cosimo alla ricerca del manga mangante”.

Valentina Vannicola

Valentina Vannicola è nata nel 1982. Nel 2006 si laurea in Storia e Critica del Cinema. In seguito studia presso la Scuola Romana di Fotografia, dove inizia un profondo percorso di ricerca stilistica. Alla sua prima mostra personale nel 2009, fa seguito il secondo posto al Fotoleggendo di Roma. Grazie ad alcune riviste specializzate (e ad alcune note testate come la Repubblica e il suo settimanale D), e soprattutto grazie al sorprendente passaparola del pubblico, in pochissimo tempo gli scatti di Valentina vengono esposti all’Auditorium Parco della Musica, nell’ambito del festival letterario Libri Come. Nel 2011 Valentina è selezionata dal Fotografia Festival per essere tra gli artisti in mostra al MACRO.

Il libro “Valentina Vannicola – l’Inferno di Dante”, edito da Postcart, contiene una prefazione di Niccolò Ammaniti. “Il mio lavoro nasce da un’esigenza di espressione e materializzazione dell’aleatorietà, spesso ossessionante, del pensiero. La fotografia rende tangibile l’idea, enunciandola con un’immagine. E quello che più mi interessa della mia ricerca è il racconto, la possibilità di poter sviluppare una narrazione all’interno di un’immagine“. Anche per questo, quando lavora sui suoi scatti, Valentina non è soltanto fotografa, ma anche scenografa e costumista, per poter meglio affrontare di volta in volta le sfide che si incontrano nel realizzare fotografia ad alto contenuto letterario. “Nel mio lavoro spesso parto proprio da un testo letterario – un libro, un racconto, un verso – che prima analizzo e poi traduco in immagine. Il punto di partenza è l’analisi
testuale da cui traggo le scene, di cui prendo nota su vari bozzetti. Per le ambientazioni, invece, finora mi sono affidata alla cornice della mia terra, Tolfa“.

Gli scatti di Valentina sono, infatti, popolati dagli abitanti del suo paese natale, di volta in volta chiamati a interpretare – come in un sorta di “tableaux vivant” – personaggi illustri della narrativa italiana e internazionale. “Nell’ultimo progetto, invece, nato con la galleria Wunderkammern, sono stata chiamata a lavorare con questa stessa dinamica nel mio luogo di adozione: Roma. Per la prima volta mi sono trovata su di un territorio a me estraneo, la città, a dover creare dal nulla quella rete sociale che sta alla base dei miei lavori. Ho trovato una comunità che non solo si lascia coinvolgere, ma che, per costruire una storia, offre il suo patrimonio antropologico e culturale“.

ROMA PROVINCIA CREATIVA