VELVET

I tour, gli album, le partecipazioni a Sanremo e uno studio di registrazione

“Proveniamo da due gruppi differenti e spesso ci incrociavamo al Velvet, un locale di Roma vicino alla Stazione Termini, dove si ritrovavano i gruppi della scena romana per celebrare i sogni di gloria. Per noi, all’inizio, quello del locale dove siamo nati era un nome provvisorio ma, alla fine, non l’abbiamo più cambiato”. I Velvet iniziano il loro viaggio nel 1998, ma è nell’estate del 2000 che esce in radio “Tokyo Eyes”, prima vera hit. Nel 2001 partecipano a Sanremo con “Nascosto dietro un vetro” e pochi mesi dopo pubblicano “Versomarte”, primo album del gruppo. È sempre dello stesso anno la consacrazione del grande pubblico grazie all’ironica hit Boyband. Arrivano le partecipazioni a grandi eventi e alle più importanti trasmissioni televisive, due nomination agli Italian Music Awards e l’inizio del Versomarte Tour. “Roma è molto attiva per quanto riguarda le band, c’è una discreta attività soprattutto da parte di coloro che hanno la stessa nostra passione, quella per il brit sound. Nel nostro studio vediamo passare moltissimi gruppi, band piene di talento, e in questo momento c’è un vero e proprio flusso creativo in atto. “Cosecomuni”, secondo album della band, è anche il nome del loro studio di registrazione. “Grazie all’esperienza di questi anni abbiamo imparato a gestire uno studio di registrazione dal punto di vista tecnico mentre per l’aspetto artistico e produttivo, stiamo mettendo a frutto le esperienze maturate con i produttori che abbiamo incontrato e conosciuto. Cosecomuni, non è un semplice studio di registrazione ma un punto di riferimento per noi e per gli altri musicisti che lo frequentano. Uno spazio dove la musica, le canzoni, le melodie e, soprattutto, l’essere e il vivere rock’n’roll creano una famiglia dentro una casa”. Dopo “10 Motivi”, la partecipazione a Sanremo con “Dovevo dirti molte cose” e, successivamente, con “Tutto da rifare”, esce il quarto album della band. Nel 2009, una nuova atmosfera e la produzione di Ale Bavo e Gianni Condina di Casasonica – nota etichetta discografica – dà vita a Nella lista delle cattive abitudini. Nello stesso anno, esce la loro prima biografia: “Velvet. Crollasse pure il mondo”, e realizzano l’album “Confusion Is Best”. “Voglio essere positivo, per me la creatività non sarà mai in pericolo. Anche in tempi disastrosi, come quelli che stiamo vivendo in questo momento, da un punto di vista creativo e musicale possiamo ritenerci attivi. Chi è sensibile di natura sta ricevendo sicuramente numerosi stimoli, ci sono molti elementi su cui riflettere e che possono essere messi in musica. La situazione è fertile. Per quanto riguarda, invece, l’aspetto economico: è duro vivere di arte, crearsi un pubblico. Noi ci siamo riusciti semplicemente perché abbiamo iniziato in un altro periodo, quando le cose giravano in modo diverso”.
www.velvetband.it

FEDERICO ZAMPAGLIONE

Cantante, regista, fondatore della band Tiromancino e autore di shadow, il film horror italiano

Federico Zampaglione nasce a Roma il 29 giugno del 1968. Nel 1989 fonda i Tiromancino, band che negli anni ’90 pubblica 4 album fino al cambio di etichetta discografica avvenuta nel 2000. Nel marzo 2000 i Tiromancino debuttano su Virgin con il loro quinto album, “La descrizione di un attimo”. Arrivano il successo di critica e di pubblico e, anche grazie al brano “Due destini”, colonna sonora de “Le fate ignoranti” di Ferzan Ozpetek. Inizia, per Federico, l’appassionante connubio tra cinema e musica. Intanto il gruppo ottiene riconoscimenti importanti, come l’invito dei Morcheeba a suonare in apertura del loro tour in Spagna e Portogallo, e vince premi di rilievo, tra cui quello come miglior gruppo agli Italian Music Awards. Nell’ottobre 2002 Tiromancino dà vita a un nuovo lavoro, “In continuo movimento”, che raggiunge i vertici delle classifiche di vendita, fino alla certificazione del doppio disco di platino. Il disco è preceduto dal singolo “Per me è importante”, che conquista il primo posto in classifica e si attesta per tutto l’inverno tra i singoli di maggiore successo. Il 2005 segna i dieci anni del gruppo, e i Tiromancino pubblicano una raccolta “95-05” che ripercorre la loro musica più rappresentativa e nella quale ci sono alcuni inediti e vecchi brani risuonati e riarrangianti con la nuova formazione. Il connubio tra musica e immagini è sempre stato importante per Zampaglione e i Tiromancino, sempre stati molto attenti alla realizzazione dei loro videoclip che si sono avvalsi spesso del contributo di ospiti d’eccezione (Valerio Mastrandrea, Paola Cortellesi e lo stesso Ozpetek). Zampaglione ha curato la sceneggiatura e la regia per il videoclip del brano “Un tempo piccolo” con il quale ha vinto il primo premio Cinecittà e CineFestival di Ravello come “Miglior videoclip italiano”. Il 2006 vede Federico all’esordio dietro la macchina da presa per il suo primo lungometraggio, Nero bifamiliare, per il quale ha ovviamente scritto anche la colonna sonora. A inizio 2008 esce il doppio album live “Il suono dei chilometri” anche questo su etichetta Deriva Production. Il disco, registrato durante il tour 2007, oltre ai più grandi successi dei Tiromancino reinterpretati in chiave live, contiene due inediti, tra cui, “Quasi 40” e “Il Rubacuori”. Quest’ultimo, presentato al Festival di Sanremo 2008, ha suscitato molto clamore e polemiche per il suo contenuto, incentrato sulla piaga sociale dei licenziamenti di massa. Il ricavato delle vendite on-line della canzone è stato ed è devoluto a sostegno degli operai della Thyssen. Nel 2009 il leader dei Tiromancino torna dietro la macchina da presa per dedicarsi a un horror girato interamente in inglese, “Shadow”, definito dalla stampa specializzata “un esempio per la rinascita dell’horror italiano”. Dopo essere passato da vari Festival (tra cui il Noir Film Festival di Courmayeur e lo Science+Fiction di Trieste dove ha vinto il premio “Nuove Visioni”), il film è arrivato nelle sale italiane nel maggio scorso. “Dopo questo film – dice Federico – tornerò a dedicarmi alla musica e al gruppo. Sto lavorando al nuovo disco dei Tiromancino, che dovrebbe uscire dopo l’estate”.
www.tiromancino.com
www.myspace.com/federicozampaglione

ZU

Oltre 120 date all’anno e in tour con Mike Patton. Ecco come gli Zu hanno conquistato la scena internazionale

“Intorno a noi si è creata fin dall’inizio una rete mondiale, aiutati dal fatto che non siamo condizionati dall’uso della lingua e non cerchiamo certo un successo pop: questi due ‘pro’ ci hanno permesso di girare in tutto il mondo e di trovare una nostra nicchia di ascoltatori – non di ‘pubblico’ – a cui ci sentiamo legati. Siamo riusciti a creare un network molto ampio e assolutamente basato sulla passione, sul bisogno di dedicarsi alla musica (non solo la propria) e di aiutare musicisti e band che si incontrano sul cammino”. A svelarci i retroscena degli Zu è Massimo Pupillo, bassista del gruppo. Attivo nella scena della musica sperimentale fin dai primi anni ’90, nel 1997 fonda il trio Zu insieme a Luca Mai (sax) e Jacopo Battaglia (batteria). “Dal punto di vista economico non faremo mai i numeri del pop ma d’altra parte non dobbiamo neanche sottostare ai compromessi, alla perdita totale di controllo sulla propria vita che quel mondo richiede. Sinceramente non farei a cambio perché non vorrei mai essere in balia di un direttore marketing che decide che quest’anno non sono più di moda. Meglio non esserlo mai, di moda, e andare avanti seguendo il proprio intuito e la propria logica”. Gli Zu mantengono il controllo totale su ogni aspetto della loro attività, da quello musicale a quello artistico, fino alle scelte manageriali che riguardano anche l’organizzazione dei tour. “Quando abbiamo iniziato la nostra avventura non esistevano band italiane che viaggiassero tanto all’estero quanto noi. Così, abbiamo imparato da soli e, facendo anche degli errori, in questo contesto di ‘tabula rasa’, abbiamo mosso i nostri primi timidi passi. Allora, mentre in Italia faticavamo ad avere una recensione, organizzavamo concerti sold out a Tokyo e, probabilmente grazie al fenomeno dell’onda lunga, alla fine abbiamo trovato uno spazio anche qui. Contemporaneamente altri spazi, altri cervelli, altre idee ed energie si formavano, come ad esprimere un bisogno organico di musica, di nutrimento, negatoci troppo a lungo. Così, parallelamente al nostro percorso, abbiamo visto sorgere una vera e propria marea di nuovi gruppi, musicisti che spaziano nei progetti più svariati, una scena viva, vitale e, soprattutto, non supportata da nessuno. Roma è una città ricchissima di talento ma questo da solo non basta. Sono scettico sul fatto che si possa trovare una via che incanali un patrimonio, che è sì ricco ma dispersivo, perché si esprime in mille rivoli. La speranza e l’augurio è che sempre più musicisti capiscano che è raro e difficile fare i soldi, e che tanto vale ricercare la creatività e l’originalità, avendo il coraggio di guardare prima alla musica e poi ai contratti. In questa città la musica è dimenticata nella sua nicchia, all’ultimo piano del ‘palazzo della creatività’. Eppure ci sarebbe così tanto da valorizzare! La mia speranza è che prima o poi queste energie, che altrove riceverebbero premi e aiuti, non siano costrette – come spesso avviene – ad emigrare all’estero per ottenere un minimo di riconoscimento”.
www.myspace.com/zuband

LORENZO MIELI – WILDER

Giovane società di produzioni televisive attenta all’innovazione dei linguaggi e all’ibridazione dei settori

Classe 1973, Lorenzo Mieli (oggi MD di Grundy Italia e Amministratore Delegato di WildSide), insieme a Gabriele Immirzi ed Elena Recchia, ha fondato Wilder nel 2001. “Attorno a Wilder, nel corso degli anni, si è aggregato un network di creativi, tecnici e producer. Con questi abbiamo cercato di costruire un rapporto duraturo anche al di là dei singoli programmi. Oggi, dopo nove anni, i risultati di questa strategia sono evidenti: Wilder ha formato gruppi di autori che sono nati con l’azienda, cresciuti in azienda, e che oggi sono professionisti riconosciuti e affermati”. Già nei primi anni di attività Wilder ha consolidato una linea editoriale attenta all’innovazione dei linguaggi, all’ibridazione dei generi, alla sperimentazione e all’esplorazione di tematiche attraverso prospettive innovative. La società si è caratterizzata da subito come una realtà people-oriented, attenta a mantenere nel tempo i gruppi di lavoro, per proporsi sul mercato come un vero e proprio brand. “Per la tv, il ‘movimento’, cioè l’aggregazione di una comunità intorno al prodotto, è il pubblico. In generale però le società di produzione, se pure hanno una linea editoriale che le distingue l’una dall’altra, agli occhi del grande pubblico rimangono dei soggetti opachi. Conta il canale, non il produttore. Poi, naturalmente ci sono le eccezioni, casi in cui la temperatura emotiva del pubblico di un determinato programma raggiunge livelli tali, che si trasforma in qualcosa di diverso, cioè in una comunità di fan. Il pubblico di Boris per esempio, è un pubblico peculiare solo a Boris e trasversale anche al mezzo televisivo: centinaia di migliaia di persone che downloadano la serie dal web, caricano scene su youtube, le commentano, creano delle community dedicate. Un fenomeno incredibile, con i suoi tormentoni, le sue passioni e in relativa autonomia anche rispetto alla serie ‘ufficiale in onda sul satellite. Ecco, se io dovessi indicare un movimento che Wilder ha contribuito a creare e che ci ha riconosciuto, direi che sono “i fans di Boris”. Più che nei dati d’ascolto, il nocciolo del successo della serie sta proprio lì”. Proprio con Boris, Lorenzo Mieli nel 2008 è stato premiato dalla giuria popolare del “Roma Fiction Fest” come miglior produttore. “L’industria dell’audiovisivo è ancora profondamente romanocentrica, ma negli ultimi dieci anni il panorama si sta evolvendo. Del resto a Roma si fa tv da sessant’anni e…si sentono tutti. Nel bene in termini di disponibilità di risorse qualificate e di aziende con una credibilità consolidata, nel male quando ci si scontra con gli ingranaggi elefantiaci, le lungaggini, e le placche di potere di un sistema che in mezzo secolo si è, per forza di cose, calcificato. Problemi che noi, lavorando soprattutto per una multinazionale, abbiamo sofferto un po’ meno di altri. Resta il fatto che se nei prossimi anni, come credo, la tendenza del settore sarà quella di delocalizzarsi da Roma, tutti ne gioveranno: i produttori, i broadcaster e quindi anche gli spettatori. Ne sono convinto”.
www.wilder.it

MARCO e ANTONIO MANETTI – MANETTI BROS

Sceneggiatori e registi per il cinema, la televisione, i videoclip, il web. “Registi romani a tutti gli effetti”

“Non riusciamo a identificare precisamente il momento di passaggio, di demarcazione, dal gioco alla professione. Siamo fratelli e abbiamo iniziato a casa da bambini facendo cortometraggi. Il nostro esordio come Manetti Bros è avvenuto con il film DeGenerazione nel 1995. Comunque ho sempre saputo che avrei fatto il regista”. Con queste parole Marco (Roma, 1968) e Antonio Manetti (Roma, 1970) sceneggiatori e registi, ricordano il loro incontro con il cinema e l’esordio come Manetti Bros, avvenuto nel 1995 con l’episodio Consegna a domicilio, all’interno del film “DeGenerazione”. Nel 1997 con “Torino Boys”, film prodotto dalla Rai, vincono il premio speciale della giuria al Torino Film Festival. Il 2000 segna l’esordio dei Manetti Bros nel lungometraggio con il film “Zora la vampira”, interpretato, tra gli altri, da Carlo Verdone e nel 2005 passano al thriller con “Piano 17”, girato in digitale. “Oltre che regista sono anche spettatore, e devo confessare che sono spaventato dal cinema italiano. Innanzitutto, forse, c’è un certo tipo di cultura dei produttori che gongolano se gli porti una storia su un architetto in crisi esistenziale, ma ti ridono in faccia se invece gli proponi tre persone chiuse in un ascensore con una bomba. Infatti, noi, Piano 17 non lo abbiano portato da nessun produttore. Negli altri paesi questo non succede, anzi. All’estero c’è molta più attenzione verso lo spettatore e verso la storia, o meglio verso le macro-storie”. Nel corso della loro carriera, i Manetti Bros hanno inoltre curato la regia di molti videoclip per artisti quali Piotta, Alex Britti, Mietta, Mariella Nava, Max Pezzali, e per gruppi come i Flaminio Maphia, gli Assalti Frontali e i Tiromancino, oltre a lavorare per la televisione, dirigendo una serie di cortometraggi per il programma Stracult, le tre stagioni de “L’ispettore Coliandro” e tre puntate della serie poliziesca “Crimini”. Instancabili e poliedrici, i Manetti Bros hanno girato per il web una serie di corti intitolati “Scums – The web series”. “La nostra attività è molto legata alla città. Ci consideriamo registi romani a tutti gli effetti. Può suonare banale come affermazione ma Roma è la città più bella del mondo. Una delle poche città in Italia in cui si respira l’aria delle grandi metropoli. È piena di facce e molto viva: c’è la periferia, il centro, la zona moderna. Bella, varia e soprattutto nostra. La conosciamo bene e sappiamo come muoverci, qualsiasi occasione per raccontarla ci rende felici”. Attualmente, proprio a Roma, i Manetti Bros hanno girato il loro ultimo film che vede protagonista Ennio Fantastichini, nei panni di un agente segreto, stile Men in Black, alle prese con misteriosi alieni, realizzati in computer graphic 3D: “Roma ci mancava come set e finalmente dopo qualche anno di assenza, siamo tornati a girare nella nostra città. Si tratta di un progetto nuovo e ambizioso. Il titolo è ancora provvisorio, 2016 l’arrivo di Wong, ma probabilmente lo cambieremo”.

ROMA PROVINCIA CREATIVA