Kennedy+Castro è un’agenzia non convenzionale di comunicazione con sedi a Roma, Londra e New York. Fondata da Ercole Egizi (direttore creativo con una rilevante esperienza in agenzie di livello internazionale), Maurizio Marchiori (brand strategist con un passato quasi ventennale in veste di direttore marketing di Diesel) e Dante Quaglione (strategic and economic consultant), Kennedy+Castro è una piattaforma costituita da 3 centri di coordinamento e da un network digitale mondiale che riunisce più di 700 professionisti nei campi più disparati: marketing manager, media and strategic planner, brand developer, art director, copywriter, cool hunter, registi e web designer. Un vero e proprio laboratorio creativo dove si cerca di comunicare in un modo sempre diverso. E dove si cerca, soprattutto, di sviluppare nuove opportunità.
“Il nostro lavoro nasce dalla grande passione nei confronti del marketing e della comunicazione pubblicitaria, ma soprattutto dalla nostra innata curiosità. Capire come un brand riesca ad entrare nel cuore dei consumatori, e come tutto questo venga prima tradotto in un’idea e poi in una campagna pubblicitaria, in una headline o in uno spot, ci ha sempre profondamente affascinato” . Tantissime sono le aziende e le società che durante gli anni si sono affidate a Kennedy+Castro per curare le loro campagne di comunicazione: Peroni/Nastro Azzurro, Abarth, Gas Jeans, Consorzio Uno – Università di Oristano, More Mondadori, HitWeek e molte altre ancora.
“Alla base di tutto c’è sempre la grande ricerca, la curiosità, il linguaggio, il gusto estetico che poi si trasforma in comunicazione. La comunicazione pubblicitaria è un linguaggio in continua evoluzione, bisogna saper stare al passo coi tempi, conoscere il modo in cui il mondo si esprime, capire ciò che il pubblico potrebbe apprezzare e proporglielo in una maniera nuova”. Mantenendo sempre la convinzione che ognuno di noi ha una storia da raccontare. Soprattutto i giovani. “Anche per questo ci piacerebbe inserire nel nostro ‘frullatore creativo’ sempre più nuovi talenti della provincia di Roma”.
Categoria: Network
Paolo Del Bravo
Agli inizi degli anni ’70 Paolo Del Bravo è uno studente di Lettere con una grande passione per la poesia visiva e i mezzi di comunicazione di massa. Inciampa in un articolo che parla di un mestiere particolarmente indicato per le donne: la copywriter. Perchè le donne sì e Paolo no? Molla casa e università, ed “emigra” a Bologna e poi a Milano, dove collabora con numerose agenzie di comunicazione italiane e internazionali. Nel 1985 è tra i fondatori dell’Art Directors Club italiano, la più prestigiosa associazione di creativi in Italia. I suoi lavori sono pubblicati sugli Annuals dell’Art Directors Club Italiano ed Europeo, su varie riviste internazionali come “Graphis”, “Hot Ads” e “Archive”. Negli anni ottiene oltre 150 riconoscimenti e premi, tra cui il prestigioso Grand Prix dell’Art Directors Club Europeo. Alla fine del 2007 fonda la Paolo Del Bravo Pubblicità. “Paolo Del Bravo Pubblicità rappresenta un nuovo modello di business per soddisfare un’esigenza fortemente sentita dal mercato: alta qualità a costi compatibili. Niente fees alla casa madre di Londra o di NY, niente CEO o amministratori delegati nullafacenti. E’ una struttura orizzontale, costruita con un network di professionisti della comunicazione con minimo 20 anni di esperienza in grado di offrire strategie, intelligenza creativa e qualità esecutiva a clienti italiani e internazionali”. Ed è proprio l’esperienza il punto forte di Paolo: quella che da oltre trent’anni lo guida a razionalizzare l’impulso creativo, a organizzarlo, e semplificarlo. “Credo che la pubblicità sia il secondo lavoro pià antico del mondo. Il primo, sappiamo qual è. Qualche maligno sostiene che tra pubblicità e meretricio ci siano delle affinità: anche il pubblicitario vende se stesso e si mette al servizio di marchi e prodotti rinunciando alla sua anima creativa. C’è del vero. Però mi consolo pensando ad illustri precedenti. Da che mondo è mondo qualcuno ha sempre avuto bisogno che qualcun altro raccontasse le sue gesta o celebrasse la sua
magnificenza”. Ma qual è oggi il compito di un bravo creativo in pubblicità? “Non è quello di snocciolare trovate improbabili ma, all’opposto, di razionalizzare l’impulso creativo, renderlo terreno, credibile, verificabile, accessibile”.
Giovanna Taviani
Figlia di Paolo Taviani, vincitore insieme al fratello Vittorio della sessantaduesima Berlinale, Giovanna Taviani respira e vive il cinema sin da bambina. Nata a Roma nel 1969 si laurea nei primi anni novanta in Storia della Letteratura e da là comincia a tracciare un percorso di studio e ricerca che verte sui rapporti che intercorrono tra letteratura e cinema. Suo è infatti il testo pubblicato nel 2007, “Lo sguardo ubiquo. Al confine tra letteratura e cinema”. Ma è con il genere cinematografico del documentario che Giovanna segue le orme del padre debuttando nel 2004 con “I nostri 30 anni: generazioni a confronto”. L’anno successivo realizza “Ritorni” riprendendo un particolare evento che accade ogni estate sul molo di Trapani e che lei stessa definisce come una sorta di “esodo al contrario”. “L’idea – spiega la regista – nasce da un articolo di giornale che lessi l’estate scorsa su la Repubblica ,che raccontava come centinaia di magrebini giunti da tutte le parti d’Italia e d’Europa, in fila sotto il sole d’agosto,s’imbarcano sulla nave diretta a Tunisi per trascorrere le vacanze con le famiglie d’origine. Sono quelli che ce l’hanno fatta e che ogni anno tornano a casa per raccontare il loro ‘sogno europeo'”. Il viaggio, nella sua accezione più ampia – inteso sia come partenza sia come ritorno, e talvolta come fuga – sembra essere una tematica cara a Giovanna Taviani. Nel 2010, infatti, realizza “Fughe e approdi. Ritorno alle Eolie tra cinema e realtà”. Ambientato nella suggestiva cornice dell’arcipelago siciliano, il documentario racconta le storie di alcuni isolani costretti a fuggire a causa dei danni provocati dai fumi dei vulcani. “Un viaggio su una tartana dalla vela rossa attraverso le isole Eolie. Luoghi di espatri ed emigrazioni tra Ottocento e Novecento per raccontarne le fughe e gli approdi tra immaginario e realtà”. Ma le Eolie sono state anche terre di approdo. “Qui tornavano i novelli sposi emigrati nel mondo per conoscere le giovani mogli sposate per procura – racconta Giovanna. Vi approdavano i personaggi legati alle pieghe oscure della politica in Europa, che si nascondevano ai piedi dei vulcani per cercare un nuovo modo di vivere. E vi approdavano anche i grandi maestri del cinema che qui misero piede per accendere le loro fantasie: Roberto Rossellini con “Stromboli. Terra di Dio”, Michelangelo Antonioni nel film L’Avventura. E, poi, i fratelli Taviani e Dieterle, fino al Troisi de Il postino e al Moretti di Caro Diario”.
Domenico Procacci
E’ il 1989. Domenico Procacci si ispira alla poetica del celebre film di Kevin Reynolds, Fandango, per battezzare la sua neonata casa di produzione cinematografica. Fandango è una parola universale, che si pronuncia allo stesso modo in tutto il mondo. Per Domenico diventa il simbolo fatto parola di un sogno e un’ambizione: allargare gli orizzonti dalla produzione italiana a quella internazionale. In pochi anni Fandango scopre e rilancia tantissimi talenti italiani: da Sergio Rubini a Gabriele Muccino, da Emanuele Crialese a Matteo Garrone, da Paolo Sorrentino a Daniele Vicari. E sono innumerevoli i film prodotti dalla Fandango, di ogni genere e tutti di successo, basti citare “L’ultimo bacio”, “Gomorra”, “Le Conseguenze dell’Amore”, “L’amico di famiglia”, “Caos Calmo”,”Mine Vaganti”, “Diaz”, “Habemus Papam” e tantissimi altri ancora, impossibili da elencare qui. Va però detto che Fandango non è soltanto una casa di produzione, ma anche casa di distribuzione,web radio, etichetta discografica e casa editrice. In 23 anni di attività si è affermata come una realtà culturale unica, indipendente,coraggiosa e anticonformista, da molti definita come una factory dove le arti del cinema, della letteratura e della musica convivono e si contaminano a vicenda. Tant’è vero che in ogni film, libro o disco è facile individuare i punti di contatto con la filosofia e l’identità stessa della società, che attraverso linguaggi tanto differenti cerca di affermare un progetto culturale unico e diversificato. Senza mai fermarsi un attimo. “Io non ho mai fatto cose in cui non credevo” racconta Procacci in un’intervista.”Con i film che produco vorrei tenere acceso il cervello di quelli che lo spengono. Se è il caso, scavare in certi argomenti e non lasciarsi guidare dai gusti del pubblico, ma trovare un pubblico per quello che hai in mano come produttore. Gomorra di Matteo Garrone è stato un esempio. Mi ricordo che ho pensato: “ecco un bel film da festival, troppo difficile per un pubblico più ampio. E invece è stato come il libro: un grande successo”.
Vivo film
Vivo film è una casa di produzione cinematografica indipendente fondata nel 2004 da Gregorio Paonessa e Marta Donzelli. Finora ha prodotto di più di 30 titoli tra documentari per la televisione e lungometraggi destinati alla distribuzione cinematografica, compresi i lavori di Guido Chiesa, Jean-Louis Comolli, Michelangelo Frammartino, Jennifer Fox, Chiara Malta e tantissimi altri. Nel 2007 Vivo Film vince il David di Donatello per il miglior documentario con il film di Daniele Vicari, “Il mio paese”. Tra il 2009 e il 2010 produce “Le quattro volte” di Michelangelo Frammartino, uno tra i film italiani più premiati degli ultimi dieci anni: presentato alla Quinzaine des Réalisateurs del Festival di Cannes, ha vinto l’Europa Cinemas Label come miglior film europeo, senza contare tre Ciak D’Oro e tre candidature ai David di Donatello 2011. “All’inizio del 2004 era ormai da qualche mese che ci arrovellavamo su quale nome dare alla società di produzione che avremmo fondato di lì a breve. Era un po’ come quando bisogna decidere come chiamare un bimbo che sta per nascere. Facevamo elenchi, ipotesi, ma non riuscivamo a trovare nessuna soluzione. Una sera affrontammo l’argomento con un nostro amico danese, il poeta Soren Ulrich Thomsen. ‘Chiamatela Vivo’, ci disse. Vivo è il titolo di una bellissima poesia di Thomsen, ed è diventata il manifesto e il meridiano che guida Vivo Film in ogni sua scelta: Scelte spesso difficili e scomode, ma oggi come ieri abbiamo l’ambizione di usare il linguaggio del cinema, nella sua accezione più ampia e nella sua massima libertà, per raccontare il nostro paese, la memoria del passato, il mondo in cui viviamo, le sue trasformazioni”. Anche per questo attualmente Vivo Flm è impegnata, tra le altre cose, nella preparazione del primo lungometraggio di finzione di Emma Dante, “Via Castellana Bandiera”, oltre ad “Alberi”, il nuovo lavoro di Michelangelo Frammartino, tornato alla regia dopo i successi del suo ultimo film, “Le quattro volte”, che è entrato nella shortlist dei BBC Four World Cinema Awards 2011, il principale premio britannico riservato al cinema in lingua straniera. Gli altri candidati erano “Uomini di Dio” di Xavier Beauvois, “La pelle che abito” di Pedro Almodovar e “Uncle Boonmee Who Can Recall His Past Lives” di Apichatpong Weerasethakul. Insomma, con i suoi progetti di grande qualità, Vivo Film ormai sembra tranquillamente competere con le grandi produzioni di livello internazionale.