stARTT

Vi presentiamo stARTT, sezione Architettura e Design della terza edizione del volume RomaCreativa

stARTT sta per “studio di architettura e trasformazioni territoriali”.
Nasce nel 2008 da un’idea di Simone Capra e Claudio Castaldo, architetti laureati presso la Facoltà di Architettura dell’Università Roma Tre. Dal 2011 si unisce al progetto Francesco
Colangeli, il più giovane del gruppo, anche lui laureato presso la stessa università. Lo scopo di questo studio, come raccontano i titolari, è quello di “ideare e gestire in ogni sua fase, i processi di trasformazione che interessano l’architettura e lo spazio per le attività umane”. Sostanzialmente i tre architetti agiscono sul già esistente, recuperando la qualità dello spazio fisico, “che non deve essere intesa come un lusso – dicono – ma come necessità
per il vivere civile”. La trasformazione di un ambiente, di uno spazio pubblico o privato, deve sempre tenere conto del contesto in cui è inserito. Per questo alla base di ogni lavoro, secondo gli architetti di stARTT, “c’è sempre uno sguardo alla ricchezza – a
volte compromessa – del patrimonio storico e culturale del nostro Paese, degli spazi che abbiamo vissuto e che cerchiamo di interpretare in chiave contemporanea”. Per reinventare gli spazi, l’analisi del territorio è di fondamentale importanza. Infatti,
la ricerca si estende obbligatoriamente oltre i confini dell’area di intervento: “Finora ci siamo impegnati – raccontano – a presentare il nostro lavoro come continuità, dove architettura, paesaggio, design e territorio costruiscono dei rimandi tra loro. L’idea è che
un’architettura, un parco o un progetto urbano hanno valore a seconda di dove e come stabiliscono relazioni con le altre parti della città. Non è la stessa cosa realizzare uno spazio in periferia o al centro. Hanno valori e significati diversi”. E quando i territori
diventano quelli dell’immaginazione si ottiene “Whatami”, il progetto che lo stARTT ha realizzato per il MAXXI. Un gioco compositivo, un paesaggio onirico composto da fiori artificiali che riparano dal sole durante le ore diurne e garantiscono l’illuminazione
la sera. “Il progetto – spiegano gli autori – doveva vincere la scommessa di diventare uno spazio pubblico dell’estate romana in soli tre mesi. Così, abbiamo pensato a delle forme che, spingendo le persone a rilassarsi, favorissero i rapporti sociali”.
WWW.STARTT.IT

Caterina Padoa Schioppa

Vi presentiamo Caterina Padoa Schioppa, sezione Architettura e Design della terza edizione del volume RomaCreativa

Nata a Roma nel 1974, Caterina Padoa Schioppa si laurea in Architettura all’Università di Roma Tre. Il suo percorso di studio, ricerca e lavoro prosegue a Parigi passando poi per Londra
e concludendosi, per il momento, a Roma. Oltre a lavorare per alcuni studi di architettura parigini e londinesi, Caterina svolge attività didattiche in prestigiosi atenei italiani. Nel 2005 apre lo studio di architettura padOAK, che fa della multidisciplinarietà il suo punto di forza. “Il mio studio – spiega – è una piattaforma di
lavoro flessibile, a geometria variabile. Un laboratorio di ricerca ‘labour intensive’ che concepisce l’accumulazione di informazioni, di scambi culturali e di conoscenze come parte del processo generativo dal quale nascono le idee e le forme dell’architettura”.
Il principio fondamentale su cui si basa la filosofia dello studio padOAK è il rispetto del contesto in cui si inserisce un progetto architettonico. Quest’ultimo deve intendersi come naturale estensione di ciò che già esiste, senza però “mimetizzarsi” con il paesaggio. “Quando possibile si sfruttano le pendenze naturali – racconta Caterina – si enfatizzano le strutture del paesaggio articolando le sagome, radicalizzando le profondità visive e la molteplicità degli affacci, cercando relazioni ottimali con la luce e con la ventilazione naturale”. L’obiettivo dello studio dunque è la ricerca di una sintesi perfetta tra architettura e paesaggio all’interno di spazi che mutano continuamente, non solo nella forma, ma anche nei contesti sociali. Per comprenderli e interpretarli non servono rivoluzioni radicali. Secondo Caterina Padoa Schioppa basta semplicemente valorizzare il patrimonio esistente.
“La soluzione originale – spiega – il più delle volte non dipende dall’invenzione di nuovo materiale ma da un riciclo intelligente, da un assemblaggio innovativo e da una reinterpretazione semantica del materiale esistente, delle tecniche e delle pratiche
tradizionali. Questa è la nozione di sostenibilità che perseguo con la mia attività”. Così è avvenuto in uno dei giardini dell’Università Roma Tre quando, nel 2008, Caterina e altri collaboratori hanno progettato una struttura temporanea multireligiosa, realizzata interamente con materiali di riciclo.
WWW.PADOAK.COM

Ines Paolucci

Vi presentiamo Ines Paolucci, sezione Architettura e Design della terza edizione del volume RomaCreativa

Esperta in design industriale e comunicazione visiva, Ines Paolucci cura la grafica di prodotti editoriali e progetti di identità istituzionale, occupandosi anche dell’immagine per eventi e campagne di comunicazione. Tra le molte creazioni ne segnaliamo una in particolare, progettata insieme a Daniele Statera: si chiama “Diamond” e sostanzialmente si tratta di una serie di lampade realizzate per l’azienda di design Slamp. Esposta a lungo al Triennale Design Museum, il primo museo del design italiano, questa creazione può essere considerata qualcosa di più.
Per usare le parole della designer: “Diamond è una scultura luminosa dal linguaggio geometrico complesso e rigoroso che richiama la forma di un diamante sfaccettato, un candido quarzo che crea suggestivi giochi di luci e ombre”. Il lavoro del designer richiede
una molteplicità di competenze sia artistiche sia tecniche.
Un oggetto non deve essere solamente “bello” ma deve tenere conto anche della sua usabilità, dell’impatto con l’ambiente e di molti altri fattori. Nel suo significato più ampio, il design di un prodotto contempla il rapporto dell’oggetto con chi lo utilizzerà. Ines Paolucci racconta, infatti, che ogni suo progetto “nasce dall’amore per le immagini, per gli oggetti e per tutte quelle parole, idee e persone capaci di incuriosirmi ed emozionarmi per intelligenza, bellezza, complessità o qualità espressive. Tutto questo alimenta la mia immaginazione e il mio bisogno di espressione che, domati da regole e vincoli progettuali e rafforzati dall’esperienza, producono una sintesi, non originale ma autentica, che si chiama progetto.” Questa sintesi è forse il compito più arduo che spetta
a un designer. Creatore, sì, di immagini e di forme, ma soprattutto interprete di un mondo sempre più complesso e in costante evoluzione. “Un progettista – spiega Ines – non può non tener conto dell’attuale con-fusione e contaminazione dei linguaggi.
Bisogna conoscere il passato e immaginare un futuro, ma essere fortemente contemporanei. Credo che la profonda conoscenza del proprio mestiere, unita alla memoria, alla riscoperta e valorizzazione del sapere artigianale, sia oggi più che mai l’unico punto fermo e una necessaria utopia per sfuggire al dilettantismo e alla
dilagante e frustrante schizofrenia”.

WWW.INESPAOLUCCI.IT

OSA architettura e paesaggio

Vi presentiamo Studio OSA, sezione Architettura e Design della terza edizione del volume RomaCreativa

Osa architettura e paesaggio, studio di architettura fondato nel 2007, nasce dall’incontro di sei giovani architetti specialisti nel progetto edilizio e nell’architettura del paesaggio. Lo studio raduna molte competenze ed esperienze ed è proprio questo il motivo per cui, spiegano gli associati, “è in grado di operare in modo trasversale nelle discipline del paesaggio, dell’architettura e della città. Attraverso il progetto, Osa si propone di realizzare una profonda integrazione tra le varie componenti dell’habitat: edifici e fenomeni urbani, spazi interni ed esterni, caratteri e
vocazioni del luogo e comportamenti degli abitanti”. Alcuni dei progetti dello studio Osa sono stati realizzati, altri invece sono in corso di realizzazione. Molti sono stati premiati e pubblicati in libri, manuali e riviste internazionali di settore. L’impegno che lo studio garantisce è quello di individuare le ragioni per cui un progetto debba essere realizzato. Massimo Acito, Marco Burrascano e il resto del gruppo, prima di chiedersi come creare spazi nuovi o come trasformare quelli già esistenti si chiedono innanzitutto perché. Così, infatti, raccontano gli architetti: “Cerchiamo sempre di comprendere le ragioni profonde di ogni progetto, le trasformazioni che implica e i processi che può innescare.
Il punto di partenza è sempre lo stato di necessità, non solo l’apparenza”. L’attività di ricerca è dunque il punto di forza di questo studio. Una ricerca che indaga le complesse dinamiche della trasformazione di un territorio. Sia esso urbano o rurale, è innegabile la necessità di comprenderlo e studiarlo soprattutto per la sua tutela. “Pensiamo che l’architettura sia prima di tutto una forma di alterazione dei luoghi e vada fatta con la massima razionalità possibile” raccontano gli architetti “in questo senso il nostro impegno è quello di coniugare una dimensione sperimentale con una completezza professionale in grado di rispondere a programmi progettuali complessi, su qualsiasi scala. Con l’attenzione alla sostenibilità, intesa come rapporto tra risorse utilizzate e risultati ottenuti”.

Di Osa fanno parte: M. Acito, M. Burrascano, L. Catalano, A. Metta, L. Reale e C. Rogai.

WWW.OSAWEB.IT

Cristina Chiappini

Vi presentiamo Cristina Chiappini, sezione Architettura e Design della terza edizione del volume RomaCreativa

Cristina Chiappini è nata Roma nel 1967. E’ docente presso l’Università Sapienza di Roma, all’Università di San Marino, allo IUAV di Venezia e all’Accademia di Belle Arti di Roma. Nel 1989 fonda l’omonimo studio e partecipa a diversi progetti in qualità di art director, graphic e media designer. Diventa presto collaboratrice abituale di alcuni prestigiosi clienti tra cui la Triennale di Milano, la Fondation Cartier pour l’art contemporain di Parigi e la Banca d’Italia. Cura in particolar modo progetti di brand identity, web-design e interaction design, progetti editoriali e campagne di comunicazione sociale, sviluppando negli anni anche un passione per la comunicazione “non convenzionale”. Nel 2007 è stata chiamata dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali a far parte del primo Consiglio Italiano del Design. “Credo che il ruolo del designer sia fondamentale, in quanto si pone come filtro tra il cliente e la società. Questo è un mondo in cui tutto ormai si produce in serie: migliaia di copie che sostengono di volta in volta un messaggio o un prodotto, indifferentemente che sia qualcosa di sostenibile o insostenibile. Per questo penso che sia inevitabile per un designer avere un impegno nel sociale e nella sostenibilità. Lo dico non solo come professionista ma anche come cittadino del mondo”.
Cristina è sempre stata attenta a quello che avviene intorno a lei.
Anche per questo durante gli anni ha curato molte mostre incentrate sull’evoluzione del design e dell’architettura, alla ricerca di nuove strade per soddisfare le esigenze più moderne. “In particolare sento che la donna designer ha un ruolo importante nella società della comunicazione visiva e non solo. La sua stessa natura secondo me è, rispetto agli uomini, maggiormente portata verso l’immedesimazione e la comprensione dei bisogni e delle esigenze altrui. Alcune sensazioni come la maternità, la flessibilità, la non violenza sono delle caratteristiche che ci contraddistinguono”.
Per questo Cristina vorrebbe vedere più comunicazione fatta dalle donne, donne di potere scelte soprattutto da altre donne, e non solo da uomini: “Per le donne è arrivato il momento di costruire una visione diversa del mondo, per ribaltare quell’idea della donna che negli ultimi anni si è purtroppo ramificata nell’immaginario collettivo. Anche e soprattutto in Italia”.

www.cristinachiappini.com

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