FRANCESCO NAPOLITANO E SIMONE LANARO – LAD

Vincitori del Premio Vocazione Roma sezione “Territorio”

Simone Lanaro e Francesco Napolitano sono i fondatori del LAD – Laboratorio di Architettura e Design. L’attività professionale del laboratorio comprende la progettazione architettonica a tutti i livelli, la direzione dei lavori e la direzione artistica, la progettazione degli interni, l’arredamento e il design industriale. Nel 2010 il LAD è stato selezionato tra i quaranta studi di architettura che hanno esposto il proprio lavoro alla mostra “27-37 – Rassegna di Giovani Architetti Italiani”, al Padiglione Italia dell’EXPO Shanghai 2010. Nel 2011, è stato selezionato dalla UTET per il volume GiArch dedicato ai giovani studi di architettura Italiani.

Francesco Napolitano si è laureato con lode e pubblicazione della tesi in Progettazione Ambientale alla facoltà di Architettura dell’Università di Roma “la Sapienza” nel 2004. Durante il corso di Laurea vince una borsa Erasmus che gli consente di studiare per un anno al T.U. Delft, frequentando il Master of Science in Dwellings. Dopo la laurea vince il concorso per il dottorato di ricerca ed inizia a collaborare con la Professoressa Cristina Benedetti ai corsi di Progettazione Ambientale e Tecnologia dell’Architettura. Nel 2006 fonda LAD e nel 2008 consegue il Titolo di Dottore di Ricerca. Affianca all’attività professionale quella di ricerca; è stato correlatore di numerose tesi di Laurea ha svolto il proprio seminario nel corso di Progettazione Ambientale.

Simone Lanaro è un designer con formazione universitaria alla facoltà di Architettura dell’Università di Roma “la Sapienza”. Lavora dal 1991 nel campo del Design e dell’arredamento di Interni. Nel 2001 fonda Millennium Design e lavora all’arredamento di strutture alberghiere, immobili e delle abitazioni di “Luxury Places”, in Italia, in Francia e negli Stati Uniti. Nel 2006 fonda LAD. Si occupa del coordinamento e dello sviluppo di idee, progetti e del design degli interni.

Nel 2011 vincono il Premio Vocazione Roma con un “Progetto di riuso del pilone del ponte Bailey”. Noi di RomaProvinciaCreativa gli abbiamo rivolto alcune domande per approfondire l’argomento.

Come nasce l’idea del progetto sul ponte Bailey?
Francesco Napolitano: Per anni ho giocato a calcetto con i miei amici nei campi del circolo sportivo “Bailey”. Prima di iniziare la partita facevamo sempre un po’ di palleggi nel piazzale davanti al pilone nord (quello sul quale vorrei posare la piattaforma); ma non lo avevo mai notato perché giocavamo sempre di sera. Poi una volta il pallone è finito dietro alla staccionata e mi è toccato andarlo a riprendere vicino alla riva, così mi si è aperto davanti lo scenario dei tre appoggi orfani del loro ponte. Non ne sapevo niente e sulle prime ho pensato che una simile assurdità potesse essere solo il risultato di una operazione edilizia dissennata: invece no! Il ponte una volta era lì per davvero! Così tornando a casa mi sono chiesto quale potesse essere un modo per rimediare a quella situazione e ho disegnato la risposta su un pezzo di carta. La mattina dopo discutevo con Simone l’idea del Project Financing.

Quali sono gli obiettivi che si pone e perché dovrebbe essere realizzato?
Simone Lanaro: Sarebbe importante realizzarlo perché configurerebbe una situazione che in ambiente anglosassone viene definita “win-win”, nella quale cioè esistono solo vincitori, sono tutti contenti: la pubblica amministrazione sana una situazione di degrado urbano senza spendere soldi; l’imprenditore che ottiene la concessione di utilizzo del pilone nord, costruisce, crea business e lavoro; il gestore degli spazi polifunzionali avvia un’attività proficua e crea occupazione; la cittadinanza guadagna una piazza pubblica in mezzo al fiume e riconquista la vista su una parte del Tevere bellissima e naturalistica, senza gli argini, ma purtroppo quasi sconosciuta perché è inaccessibile.

Quali saranno i materiali utilizzati?
La piattaforma è perfettamente removibile e allo stato dell’arte abbiamo pensato ad una struttura in travi di acciaio. Ovviamente nessuno ci vieta, nel momento in cui dovessimo affrontare un livello di progettazione più dettagliato, di ripensarci e di usare il legno lamellare. Comunque direi che entrambi i materiali non pregiudicano la forma del progetto: la cosa veramente importante è mantenere una linea semplice e poco invadente. Per quanto riguarda la “pelle” dell’architettura, i rivestimenti orizzontali e verticali sono in legno, acciaio e vetro.

Quali sono i tempi e i costi di realizzazione?
Francesco Napolitano: Ad oggi questa è solo un’idea, quindi é difficile stimare l’incidenza dei costi di costruzione su un ipotetico investimento. Ma sono sicuro che non stiamo parlando di cifre astronomiche: non si tratta di costruire un ponte! Davvero… è solo una struttura a sbalzo! Per quanto concerne le tempistiche, la costruzione, se ben diretta, potrebbe durare meno di un anno, purtroppo invece la burocrazia impone tempi di approvazione lunghissimi.

Gli ostacoli maggiori che potreste incontrare nella sua realizzazione?
Noi abbiamo depositato presso gli uffici della Regione Lazio una richiesta di concessione di beni demaniali e abbiamo allegato il nostro progetto. Purtroppo la richiesta non ha ancora avuto un un riscontro: l’ostacolo maggiore potrebbe proprio derivare dalle inevitabili lungaggini amministrative e burocratiche italiane. Comunque ci fa piacere constatare che venti giorni dopo aver vinto il premio Vocazione Roma, dopo tanti anni di silenzio sulla situazione di degrado dell’ex ponte Bailey, il Comune di Roma ha dato notizia (utilizzando tra l’altro una nostra fotografia) di voler indire un Project Financing per un progetto che riguarda una struttura sospesa sui tutti e tre i piloni, per un costo di 35 milioni di euro.
Questo tuttavia sarebbe un vero peccato, perché significherebbe perdere l’occasione di demolire i piloni centrali: la nostra idea prevede di liberare il letto del fiume dai piloni con un progetto più semplice, molto meno costoso e meno invadente.

Ci potete illustrare le ricadute positive di questo progetto in una città come Roma?
Come diceva poco fa Simone, quella del recupero del pilone del ponte Bailey è una situazione win-win: a vincere è anche e soprattutto Roma. È importante dimostrare che anche a Roma sappiamo pensare ed attuare, proposte visionarie che trasformino le disfunzioni urbane che abbiamo ereditato in funzioni.

Quali sono le fasi di realizzazione di un vostro progetto?
Francesco Napolitano: Per quanto riguarda l’architettura prima di ogni progetto c’è sempre una fase di brainstorming, un lavoro di gruppo che ha come fine l’individuazione dei punti focali sui quali la strategia progettuale deve insistere, e questo avviene attraverso la selezione di schemi il più possibile chiari e semplici. Subito dopo, il lavoro di gruppo lascia spazio alla riflessione individuale e solitaria, nella quale lo schema deve essere visualizzato e trasformato in una suggestione architettonica. Infine la terza ed ultima fase riguarda la trasformazione della visione in un disegno in scala, realistico e realizzabile.
Simone Lanaro: Nel design, negli interni e nell’arredamento, ma in fondo anche nell’architettura, un buon progetto è il risultato della combinazione di tre variabili: la preesistenza, il budget e l’idea. Così come il risultato finale, e cioè la realizzazione, è il risultato di altri tre parametri: un buon progettista, un buon committente ed un buon costruttore.

Lavorate in gruppo, da soli, in casa o in uno studio?
Le idee possono arrivare ovunque: a casa, in studio, da soli o in compagnia. Ma il lavoro di gruppo avviene sempre e solo in studio. Per essere creativi bisogna avere disciplina.

Quali sono i vostri progetti per il futuro?
Ci piacere provare a condividere,sviluppare e realizzare il nostro design ed il nostro modo di fare architettura all’estero.

www.lad.roma.it

T SPOON

Menzione speciale al Premio Vocazione Roma per la sezione “Territorio”

T SPOON opera a Roma dal 2004, attraverso progetti, installazioni ed iniziative editoriali. Oggi ne fanno parte Nina Artioli (Milano, 1979), Alessandra Glorialanza (Roma, 1979) ed Eliana Saracino (Taranto, 1980), laureate in Architettura presso l’Università degli Studi di Roma Tre nel 2006.

T SPOON è stato premiato in diversi concorsi nazionali ed internazionali, come Greater Helsinki Vision 2050 (menzione speciale) e MenoèPiù 5 (progetto vincitore) e i loro lavori sono stati esposti in varie mostre come la IV IABR – International Architecture Biennale Rotterdam 2009 nell’ambito di Squat City, Attraversamenti 09 – Biennale diffusa di Architettura Contemporanea e nel Padiglione Italiano all’Expo 2010 di Shanghai. Nel 2011 T SPOON vince il premio NIB Top 10 Paesaggio per paesaggisti under 36.

T SPOON è l’idea di un piccolo strumento che, attraverso una ricerca che va “dal cucchiaino alla città”, esplora i territori urbani indagando i modi e le forme dell’abitare contemporaneo.

T SPOON agisce in un campo di indagine posizionato all’intersezione di tre elementi fondamentali:

La città, intesa non solo come rapporto di spazi, misura e funzione, ma soprattutto come sistema di relazioni, flussi, potenzialità: un organismo vivo, dinamico, imprevedibile, denso di processi spontanei.

Il paesaggio, che abbandona il suo ruolo tradizionale di decorazione, abbellimento o di suolo produttivo o ancora di bellezza naturale, per diventare la lente attraverso la quale leggere, rappresentare e strutturare la città contemporanea.

L’infrastruttura come espressione immediata del paesaggio urbano, rete vitale dell’organismo città, non più trama nascosta di elementi tecnico-funzionali, ma nuova forma ibrida di spazio pubblico natural-tecnologico.

L’obiettivo della nostra sperimentazione è la creazione di microenvironments, ecosistemi derivanti da un processo progettuale basato sull’interazione tra strategie urbane alla grande scala e la natura minuta e molteplice delle condizioni della vita quotidiana contemporanea. Il progetto è inteso come una griglia aperta di possibilità in grado di stimolare e favorire mutazioni, trasformazioni e riappropriazioni in un processo dialettico continuo tra lo spazio e gli abitanti.

Il tema dei microenvironments viene sviluppato attraverso progetti di ricerca (come Infracittà, studio sul rapporto tra l’infrastruttura ferroviaria e la città o Na.N.O. – Nature Needs Occasions, sul riutilizzo e l’attivazione di una rete di spazi residuali nel tessuto urbano), progetti di strategie di rilancio territoriale (Da Punto a Punta, progetto di rinnovamento di un’area compresa tra Ravenna e il suo litorale), progetti per nuovi quartieri residenziali (Open Block a Milano) e attraverso la realizzazione di giardini ed installazioni temporanee (Fronte/Retro).

In occasione del Premio Vocazione Roma, concorso per proposte di intervento finalizzate alla soluzione di problematiche presenti sul territorio della Provincia di Roma, T SPOON ha ricevuto la menzione speciale per il progetto Spacebook, un’applicazione web intesa come uno strumento per la costruzione di un network fra persone, spazi, metodi e strumenti per la trasformazione degli spazi sottoutilizzati.

Approfondiamo il progetto con loro.

Che cos’è Spacebook?
Spacebook è un social network, una piattaforma aperta e flessibile finalizzata alla costruzione di una rete fra persone, spazi, metodi e strumenti per la trasformazione dei territori urbani sottoutilizzati. È uno strumento in grado di creare sinergie ed offrire nuove occasioni di trasformazione.

Come nasce l’idea di questo progetto?
L’idea di Spacebook deriva direttamente dalle nostre esperienze professionali. Infatti, quotidianamente verifichiamo che, se pur ci sono le potenzialità in termini di spazi e la volontà in termini di energie per mettere in atto delle azioni di trasformazione dello spazio, la cosa più facile che accada è che non si sappia come cominciare, quali sono gli spazi utilizzabili, quali sono i supporti che la pubblica amministrazione mette a disposizione, quali sono le procedure da compiere. Molto spesso è anche difficile avere ben chiaro l’obiettivo che si vuole ottenere e magari questo obiettivo non si è i soli a volerlo. E Spacebook serve proprio a questo, a far entrare in contatto gli elementi della trasformazione spaziale, le energie, le disponibilità, le risorse.

Secondo una vostra definizione Spacebook è uno “spatial network” che cosa intendete?
Il riferimento è rivolto alla potenzialità offerta da internet, dai social network, dalle nuove tecnologie. Ad oggi, da un lato ci sono le reti urbane, che interagiscono e interferiscono l’una con l’altra in modi che non sono completamente prevedibili e che producono forme inattese di organizzazione sociale, dall’altro le reti virtuali, nel loro essere orizzontali, continue e pressoché infinite. L’interpolazione fra le reti urbane e le reti virtuali può, secondo noi, avere un’enorme incidenza sulla trasformazione del territorio. La sfida consiste nel mettere in relazione, oltre che le persone tra loro, anche le persone con gli spazi, gli episodi e le occasioni che si presentano nei diversi contesti urbani.

Cosa intendete per atto positivo di appropriazione dello spazio?
Intendiamo il coinvolgimento attivo da parte degli utenti nelle pratiche di trasformazione dello spazio per ricostruire un senso di identità che molto spesso tende ad affievolirsi in modo preoccupante. La condivisione delle esperienze e delle iniziative, di momenti concreti di scambio, la consapevolezza di far parte di una rete di attori che condividono dei valori e degli intenti sono alcuni fra i passaggi necessari per costruire un nuovo senso di identità per una comunità più ecologica, più creativa e più sostenibile.

Quali obiettivi si pone questo progetto e perché dovrebbe essere realizzato?
Spacebook è un catalizzatore di energie e disponibilità. Difatti ci permette di conoscere le risorse umane e spaziali presenti sul territorio e di scoprire quali sono quelle nicchie nascoste, ma con ancora una grande potenzialità inespressa, da cui trarre beneficio. La visione immediata delle opportunità disponibili serve a stimolare la creatività e il desiderio di compiere una riappropriazione attiva dello spazio. Inoltre la costruzione di una rete di persone creative, di amministrazioni illuminate e di investitori privati potrà supportare l’avvio di sempre nuove azioni spaziali, attraverso lo scambio di esperienze e di informazioni tra gli utenti in merito a pratiche, finanziamenti e strumenti adatti a facilitare questi processi. In questo modo sarà più semplice riattivare gli spazi sottoutilizzati, all’interno di una logica che va contro il consumo del suolo e lo spreco delle risorse. Tutti questi obiettivi che Spacebook persegue confluiscono nell’idea che la possibilità di trasformazione del territorio possa derivare da un’azione più pubblica e più condivisa.

Quali sono i tempi e i costi di realizzazione?
La fase più complessa è senz’altro quella iniziale di sperimentazione, in cui si analizza la casistica di operazioni che si possono verificare, testando una beta-version con alcuni progetti pilota. Ad oggi è quindi difficile fare una stima temporale. L’obiettivo a lungo termine è quello di costruire un sistema che si auto-sostiene e si auto-regola.

Quali sono le fasi del processo di realizzazione di una vostra idea?
Per noi l’analisi è assolutamente lo strumento cardine dell’approccio progettuale. Solo attraverso la lettura del territorio, dei sistemi ambientali, morfologici e antropici è possibile, a nostro avviso, fornire una prima sintesi critico interpretativa del territorio, per poi poterne restituire una nuova immagine e nuovi significati. L’analisi è per noi assolutamente il primo atto progettuale. Un’analisi che ci serve a definire e comprendere qual è il reale campo di azione entro cui ci muoviamo. Un’analisi che ci serve a definire qual è l’unità di paesaggio, l’unità ambientale che individua un territorio. Un’analisi che ci serve a definire chi sono gli attori, che possono essere coinvolti a diverse scale nel processo di trasformazione spaziale. Un’analisi che sostanzialmente ci serve a capire qual è lo spazio entro cui un’azione progettuale ha senso che abbia luogo, qual è lo spazio entro cui si può parlare di riverbero di un atto progettuale. All’interno dell’unità riconosciuta, che noi chiamiamo microenvironment, ossia un ecosistema, una struttura con una sua identità interconnessa ad altri sistemi, la nostra sfida è quella di individuare la strategia migliore per raggiungere un equilibrio dinamico; ed è proprio per questo che crediamo che il processo di progettazione debba concentrarsi sull’interazione tra semplici regole strategiche alla grande scala e la possibilità di accogliere la molteplicità in continuo cambiamento della scala più piccola.

I vostri prossimi progetti?
Oltre ad alcuni concorsi, che sono sempre parte integrante della nostra attività di ricerca e sperimentazione, attualmente ci stiamo occupando dello sviluppo di un progetto strategico per il sistema del verde di Roma, con l’obiettivo di costruire un modello paesaggistico e ambientale finalizzato ad uno sviluppo sostenibile del territorio. E poi, ovviamente, stiamo sviluppando Spacebook!

DAVID VICARIO

Vincitore del Premio Vocazione Roma per la sezione “Impresa”

David Vicario ha 40 anni ed � originario di Velletri, in provincia di Roma. E’ l’ultimo di una numerosa famiglia di piccoli imprenditori da cui eredita lo spirito d�autonomia, la passione per le start-up, la PMI e le Reti d�impresa.

Laureato in Economia e Commercio, con Master in Sport Management e diverse specializzazioni in Project Finance e Partenariato Pubblico Privato (PPP).

A partire dagli anni ’90 avvia cinque nuove imprese di piccola dimensione e partecipa allo start-up di una multinazionale e di un�impresa mista, ricoprendo ruoli importanti.

Durante l�incarico di presidente dell�impresa mista (pubblico/privato – nel settore dei Rifiuti Solidi Urbani) matura l�esperienza e la consapevolezza della grande necessit� per la Pubblica Amministrazione di PPP, del quale da 10 anni � studioso, diventando esperto della sua pi� nota applicazione: il Project Financing.

Attualmente consulente per alcune start-up, Amministrazioni Pubbliche, Ordini Professionali e� imprese private, nell�ambito specifico, ed estremamente complesso, dello sviluppo di piccole Opere Pubbliche in PPP, per il quale adotta lo slogan �PMI per PMO�: piccole medie imprese per piccole medie opere.

La sua ultima creatura, il progetto d�impresa che prevede la costituzione di un�Agenzia Provinciale per lo Sviluppo del PPP, vince il Premio Vocazione Roma, per la sezione �Impresa�.

Approfondiamo con lui il progetto.

In cosa consiste il progetto per l’Agenzia Provinciale per lo Sviluppo del PPP?
Nella costituzione di una societ� mista, a prevalente capitale pubblico, che avr� il compito di aggregare operatori economici attivi nell�ambito della costruzione delle opere pubbliche e della gestione dei relativi servizi, ivi incluse tutte le attivit� propedeutiche allo sviluppo e alla valutazione della fattibilit� delle stesse opere. Avr� lo scopo di sviluppare tutte le pratiche, le verifiche e le procedure relative alle operazioni di Partenariato Pubblico Privato che sar� possibile promuovere per la citt� di Roma e Provincia, soprattutto per quanto riguarda il recupero del grande patrimonio immobiliare pubblico esistente e non utilizzato. Avr� inoltre la funzione di accogliere, valutare, sviluppare, promuovere, finanziare, costruire e gestire, ogni proposta di costruzione e/o recupero e/o ampliamento di opere pubbliche o di pubblica utilit�, provenienti dal mercato (EELL o altri Enti Pubblici o privati) o dai singoli soci, proponendosi come punto di riferimento per la consulenza alle stesse PA che necessitano di sviluppare Studi di Fattibilit� (SdF) per nuove opere.

Come nasce l’idea di questo progetto?
Dall�osservazione e dall�analisi del mercato del PPP, svolte negli ultimi 6 anni di lavoro nella promozione e lo sviluppo, a livello nazionale, di Opere Pubbliche mediante project finance. Dalla pratica quindi e dal riscontro di tale esigenza. Nella materia del PPP serve un vero e proprio �salto culturale� e organizzativo, da parte dei principali attori di tutta la filiera: dalle Pubbliche Amministrazioni alle associazioni di categoria, fino alle PMI. Se non si fa questo sforzo, continueremo a perdere grandi opportunit� per sviluppare infrastrutture e servizi per i cittadini, rimanendo arretrati rispetto all�Europa che avanza virtuosa.

Quali sono gli obiettivi che si pone e perch� dovrebbe essere realizzato?
L�obiettivo principale � quello di �aggregare� PMI per PMO; cio� coinvolgere le PMI di ogni singolo territorio ove viene implementato tale progetto (pu� essere di ambito provinciale, regionale o ancora diverso) per la promozione, sviluppo, costruzione e gestione di Piccole e Medie Opere, quali scuole, asili, impianti sportivi, parcheggi, cimiteri, mense, mercati, uffici, etc. In questo modo ci sarebbe il duplice vantaggio di avere pi� infrastrutture realizzate sul territorio, con maggiori servizi per il cittadino, e la ricaduta di tutte le economie, dirette ed indirette, di tali opere. Infatti oggi solo il 56% delle opere viene aggiudicato (a livello nazionale); la parte residua non viene aggiudicata per vari problemi, analizzati e risolti nel progetto proposto. Il progetto dovrebbe essere realizzato sia per recuperare tutte quelle gare (economie) che non hanno trovato un�aggiudicazione (questo fenomeno � maggiormente riscontrabile nella Provincia e non nel Comune di Roma Capitale), sia per sviluppare altre opere che necessitano sul territorio di Roma e Provincia.

Quali sono i tempi e i costi di realizzazione?
I tempi sono relativamente brevi: da sei mesi ad un anno massimo si avrebbe una societ� operativa che gi� potrebbe generare le prime economie e risultati per il territorio. Questi tempi sono legati soprattutto alle procedure di evidenza pubblica che si devono percorrere per coinvolgere il privato. Tuttavia per entrare a regime e produrre il massimo dei risultati sperati, come ogni nuova azienda, ha bisogno di raggiungere la maturit�. I costi sono anch�essi bassi se si pensa ai fatturati e alle economie che pu� generare. Il progetto prevede la sottoscrizione di un capitale sociale del quale il 51% � a disposizione degli Enti Pubblici e il 49% sar� messo a gara tra i privati. Le stime effettuate ipotizzano un rapporto di 1 a 3 tra il valore nominale delle azioni e il valore di collocamento sul mercato, quindi tale plusvalore rappresenterebbe di fatto il capitale di avviamento dell�Agenzia, che deve vivere delle proprie economie generate e non di finanziamento pubblico. In pratica si stima un costo di esercizio pari a circa il 2.5% del fatturato generato nella realizzazione di opere pubbliche.

Quali sono invece gli ostacoli maggiori?
Il progetto deve vincere la diffidenza della Politica e delle PMI verso il Partenariato Istituzionalizzato. Inoltre, dovrebbe vincere lo scetticismo che l�Agenzia possa diventare l�ennesimo �carrozzone� pubblico che serve per meri interessi politici. Insomma l�ostacolo pi� grande � �culturale�, vinto il quale non potr� che essere un successo. Quindi ci vuole un�Amministrazione che creda fermamente nel progetto e decida di realizzarlo. Questo momento di grande crisi, inoltre, � un momento molto favorevole per inserire nel mercato nuove metodologie di lavoro, quindi sono fiducioso che il progetto possa avere successo e dare risultati incredibili.

Ci puoi illustrare le ricadute positive di questo progetto sul caso Roma?
Sulla base di un calcolo statistico effettuato sui dati dell�Osservatorio Nazionale su Project Finance, ho stimato la possibilit� di avviare lavori pubblici per un miliardo di Euro circa, pari a circa 370 nuove opere che impiegherebbero circa 1.000 nuovi posti di lavoro, nei prossimi 5 anni, di cui la maggior parte per Roma Capitale ed il residuo per la Provincia di Roma, salvo una particolare positiva reazione della stessa Provincia che potrebbe performare ancora meglio. Infatti il PPP, sia tramite il Project Finance che attraverso il Leasing in Costruendo, risolverebbe anche molti problemi relativi al Patto di Stabilit�, il quale non permette a molti Enti Locali di spendere danaro che hanno in cassa per realizzare Opere Pubbliche. Quindi, essendo le spese relative ai canoni di leasing e agli eventuali canoni di Contributo pubblico in �Conto Gestione�, da contabilizzare al di fuori dei saldi che contribuiscono ai vincoli del Patto di Stabilit�, si avrebbe la possibilit� di rimettere in circolo finanza pubblica, che ora invece � congelata nelle tesorerie dei comuni, la quale gioverebbe non poco all�economia nazionale, soprattutto nei prossimi anni. Questo effetto, se lo proiettassimo a livello nazionale, sarebbe di sicuro piccolo ma positivo.

Quali sono le fasi di realizzazione di un tuo progetto?

  • Diffusione del progetto verso tutti gli stakeholders mediante campagna di lancio dell�iniziativa su scala provinciale;
  • Raccolta delle adesioni dei Soci al progetto e costituzione dell�APSPPP e del proprio �Fondo di avviamento�;
  • Inizio fase operativa di mercato;
  • Fase di sviluppo dell�APSPPP e introduzione dei necessari �correttivi� previsti in ogni start-up. Quindi si avvier� seconda campagna di informazione e diffusione dei risultati e delle esperienze concretizzate, che servir� ad affermare l�APSPPP sul territorio di riferimento e, finalmente, ad attrarre l�attenzione di Banche e Fondi di investimento al fine di coinvolgerle e stipulare protocolli di intesa per cominciare a lavorare anche su loro commissione;
  • Entrata a regime, consolidamento del mercato e sviluppo di nuovi progetti da gestire in proprio.

 

Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Realizzare questo progetto e spero vivamente che possa farlo per la Provincia di Roma.

War <3, SOLO Show

GarageZero conclude la stagione 2011 ospitando il ricco e intenso immaginario di SOLO. Per l’occasione il pittore romano trasformerà lo spazio con War <3, una mostra dalle forti influenze noir e che trae ispirazione dall’universo dei fumetti. Le opere di SOLO rappresentano scenari urbani, realtà abitate da figure romantiche e solitarie, nascoste nei vicoli oscuri della città e lungo i muri dei palazzi mentre sorvegliano sull’umanità. La metropoli, con le sue luci e le sue ombre, diventa lo sfondo ideale per le avventure dei personaggi animati da SOLO. Scenari cupi e disturbanti in cui si intrecciano relazioni tra uomini e donne, supereroi e antieroi dominati da sentimenti e inclinazioni differenti, che sorvegliano la città e si scontrano nell’antica battaglia tra il bene e il male. Una fitta trama di immagini, intense e passionali, specchio dell’anima di SOLO, artista guidato da una tecnica pittorica unica nel suo genere, che lo porta a essere il più tradizionale dei pittori che l’arte cittadina vanta.

War <3 è realizzato in collaborazione con BLACK Metropolitan Noir Festival e anticipa la rassegna multidisciplinare che propone un viaggio attraverso gli universi del noir, che ha scelto lo spazio di GarageZero per la sua seconda edizione. L’appuntamento è fissato per il 27, 28, 29 gennaio 2012.

www.blackfestival.it

Solo

Nato a Roma nel 1982, la sua passione per l’arte prende forma agli inizi degli anni novanta con il nascere del writing e nel 2000 si avvicina alla Street art. Nel 2003 si iscrive all’Accademia di Belle Arti di Roma, dove si laurea a pieni voti sotto la guida di Michele Cossyro e pubblica un’antologica sull’artista americano Ronnie Cutrone, assistente di Andy Warhol e importante esponente della Pop Art. Il suo lavoro comprende una videointervista nell’atelier dell’artista a New York, destinata all’archivio storico della GNAM, Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma.

Il SOLO continua la sua produzione pittorica su tela e sui muri della città, portando avanti diverse ricerche, ma senza mai abbandonare la sua icona principale: i supereroi, che una volta collocati sulla strada, si trasformano in immagini offerte dall’artista per farci sentire meno soli e per difenderci e rassicurarci in una società che positiva non appare. Numerose le sue partecipazioni a esposizioni collettive e personali in Italia e all’estero: nel 2009 ha collaborato a Londra presso lo studio dei videomaker The Butchers, partecipando alla realizzazione di istallazioni di video Mapping. Nel 2011 ha partecipato alla performance live in occasione del Viennart, mostra tenutasi presso il MACRO, Museo d’Arte Contemporanea di Roma.

GarageZero

In un momento in cui le forme artistiche sono state di fatto abbandonate dalle istituzioni, GarageZero si propone come il luogo per riavvicinare l’arte al territorio. Di fatto GarageZero è uno spazio recuperato al degrado, un vecchio garage abbandonato, nel quartiere del Quadraro, che negli anni ha assunto diverse funzionalità: da zona di incontro per adolescenti dove sperimentare le prime pratiche di relazione, a deposito della refurtiva della mala vita, poi dimora di migranti e infine discarica. Successivamente un incendio sembrava avere messo definitivamente fine a questa realtà, ma da quelle ceneri nel 2008 è stata realizzata una palestra popolare attualmente funzionante e nella restante parte si è dato vita, oggi, a una galleria d’arte contemporanea. Un progetto che trae ispirazione dal P.S.1 di New York, un vecchio asilo abbandonato in cui verso l’inizio degli anni settanta una visionaria Alanna Heiss ha dato vita a uno spazio espositivo e uno studio per artisti. Così GarageZero diventa un luogo recuperato al degrado e restituito al territorio, senza nessun controllo statale, il museo diventa pubblico e il cittadino si riappropria dell’arte. Esperimento metropolitano, vuole essere occasione di incontro, di crescita sociale, culturale ed economica, che assume ancora più significato in un momento come questo plagiato da una crisi economica senza precedenti e da amministrazioni inette che hanno deciso di chiudere le porte all’arte. Garage Zero intende dar fiato a tutte quei modelli creativi della capitale per arrivare a strutturare un sistema alternativo ma credibile per l’esposizione artistica, che sia dinamico e aperto, capace di riflettere le contemporaneità  e quelle che verranno, fuori dalle logiche del profitto e del mercato convenzionale. Il progetto si propone come mezzo per contribuire al lancio e alla definizione concreta di un vero e proprio piano di sviluppo della cultura nella città di Roma, puntando alla valorizzazione di tutti quei luoghi disseminati nella metropoli che possano ospitare arte e cultura.

www.garagezero.eu

MARTINA CARLETTI

Vincitrice del Premio Vocazione Roma per la sezione “Creatività”

Martina Carletti è nata in una piccola realtà nel cuore dell’Umbria, 22 anni fa, e sin da piccola ha sempre avuto l’ambizione di cambiare il mondo, non attraverso leggi, economia, finanza e tutto ciò che ci governa, ma attraverso la creatività, dando al prossimo qualcosa che lo renda felice, qualcosa che esso può toccare e condividere con chi vuole, quindi non con regole utopistiche che vanno solo a favore di chi le elegge e a svantaggio di chi le subisce, ma con qualcosa di concreto, tangibile quali possono essere oggetti, forme e idee per rendere un po’ più bello e colorato questo paese sempre più grigio.

La sua formazione ha sempre seguito un percorso artistico, si è diplomata in grafica pubblicitaria alla scuola artistica di Deruta, un piccolo borgo umbro noto come città della ceramica, dopodiché si è trasferita a Roma dove la sua vita è cambiata. “Agli inizi è stato un po’ difficile l’inserimento, dal piccolo centro di 1000 abitanti alla metropoli è un bel salto di qualità, ma le avversità sono sparite ancor prima di esistere” dice Martina che a Roma ha proseguito gli studi presso l’istituto europeo di design (IED) nel corso di product design, dove a giugno 2011 si è laureata con una tesi riguardante il tema del co-housing, “e proprio qui” prosegue Martina “in questa università che mi sono sentita realizzata, ho cominciato a mettere in cantiere finalmente la mia vera ambizione, realizzare qualcosa per qualcuno, mi sono immedesimata nel consumatore e ho cercato di creare tutto quello che poteva desiderare, ed è stato bellissimo”.

Infine per lei è arrivato il Premio Vocazione Roma, un altro desiderio nel cassetto, fare qualcosa per la città di Roma, come dice lei “mi sono sempre sentita parte di questa realtà, ho amato questa città dal primo giorno che l’ho vissuta, e mi sentivo in dovere di fare qualcosa per migliorare la vita dei cittadini e della città, e Vocazione Roma è stata l’occasione perfetta per realizzare il mio desiderio, far felici i Romani e ridare la bellezza assoluta alla città Eterna”. Martina è stata, insieme a Gabriele Basso, vincitrice del premio Vocazione Roma per la sezione “Creatività” con un progetto che mira al cambiamento delle pensiline dell’autobus che racchiuderanno in un singolo palo la fermata stessa e l’illuminazione della vita.

Approfondiamo con lei il progetto.

Come nasce l’idea del progetto lampione/fermata?
Camminando per le strade di Roma abbiamo notato che la città è invasa da un’infinità di pali, ognuno adibito a svolgere una determinata funzione. E’ da questo problema che siamo partiti e abbiamo cercato di trovare una soluzione pratica.

C’è qualcosa in particolare da cui trae ispirazione?
No c’è stata una cosa in particolare, l’ispirazione è nata dal problema, e abbiamo cercato di trovare ciò che per noi ci sembrava migliore.

Perché avete deciso di integrare più funzioni in un unico oggetto?
Questa miriade di segnalazioni sono visivamente fastidiose e anche pericolose per l’utente della strada, e quindi l’idea di inglobare più funzioni in un unico elemento ci sembrava la miglior soluzione. In più con questo prodotto si risolve anche un altro problema, quello della sicurezza dei cittadini che attendono alle fermate degli autobus, in quanto con questo sistema saranno costantemente illuminate svolgendo da deterrente per eventuali azioni criminali e aumentando nel contempo la percezione di sicurezza degli utenti.

Quali sono i vantaggi per cui questo progetto dovrebbe essere realizzato?
Più sicurezza per il cittadino, e già questo ne giustifica l’esistenza, per non parlare poi del ritorno economico, zero spese di energia grazie all’installazione del sistema fotovoltaico, meno inquinamento visivo e più spazio per altre attività.

Quali saranno i materiali utilizzati?
Acciaio per la struttura, ferro zincato per le pensiline degli autobus, PMMA (plexiglass) per la copertura della fonte luminosa e illuminazione a led.

Quali sono i tempi e i costi di realizzazione?
I tempi di produzione sono pari agli standard di realizzazione degli attuali pali in commercio, per quanto riguarda i costi stiamo facendo ricerche di mercato e possibili quantità di produzione e destinazione, in base a questi fattori si riuscirà a fare una stima delle spese.

Come lavori, in gruppo da sola in casa o in uno studio?
Ultimamente lavoro da sola, in passato ho lavorato molto in gruppo e devo dire che il lavoro di squadra mi piace molto e mi da molti stimoli, in quanto mi posso confrontare con persone che vengono da esperienze e formazioni diverse così da avere la possibilità di scambiarci opinioni e conoscenze e imparare sempre qualcosa di nuovo. Di solito lavoro a casa, in certe occasioni mi appoggio a studi di amici che lavorano nel campo dell’architettura e collaboro con loro.

Cosa si prova a vincere un concorso a soli 22 anni?
Tanta soddisfazione e un grande stimolo per andare avanti, questa vincita mi ha fatto credere molto in me stessa, e mi sta dando forti motivazioni a continuare in questo campo.

Quali saranno i tuoi prossimi progetti?
In questo momento sto aprendo le porte a tutte le proposte che mi si presentano, non lascio nulla in sospeso, sto lavorando a due progetti, uno per i bambini, riguardante la loro sicurezza nelle mura domestiche, un altro invece per l’arredo pubblico, sistemi modulari adattabili in qualsiasi contesto d’uso.

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