CAT CLAWS

L’indie pop incontra il garage rock su un terreno decisamente urbano che racconta la quotidianità

I Cat Claws sono composti da Lavinia De Santoli, voce e chitarra ritmica, Marco Caizzi, chitarra ritmica e solista, Guido Lampredi al basso, Carlo Pelosio alla batteria e Francesco Frisari alle tastiere. A distanza di tre anni da “Magic Powers” e dopo aver condiviso il palco con gruppi come Babyshambles, OK Go e Gang of Four, hanno appena partorito il loro ultimo lavoro. “Cat Laws” è stato registrato quasi interamente in presa diretta alle Officine Meccaniche di Milano con la produzione artistica e discografica di Giacomo Fiorenza, già noto per il legame con Moltheni, Giardini di Mirò, Paolo Benvegnù. Una band vecchio stampo, che si nutre dell’odore della sala prove, dà il meglio nei live e suda insieme al suo pubblico. Ispirati dai Pixies e con contaminazioni indiepop, dance e noise, ma con un cuore decisamente garage rock. I Cat Claws si sono formati col passare degli anni. Il 2003 ha suggellato l’incontro tra Lavinia e Marco e l’aggiunta di Guido. “Nell’anno successivo abbiamo inciso con il nostro primissimo batterista, Monir, che in breve tempo ha lasciato il posto a Valentina Larussa. “Il successo del demo ci ha permesso di esibirci per tre anni di fila così nel 2008 è uscito il nostro primo disco,“Magic Powers”, grazie alla neo-nata 42 Records. In quel periodo fiorente abbiamo avuto la fortuna di andare in tour e di aprire i concerti dei Babyshambles, quindi di provare sulla nostra pelle la sensazione di suonare davanti al grande pubblico. Sono stati giorni molto intensi. Dopo la lavorazione dei nuovi pezzi, d’elaborazione più pop e meno grezza, ad aprile scorso è venuto alla luce “Cat Laws”. L’ultima sostituzione del batterista, che nell’album è Simone dei Masoko, si è conclusa con la definitiva presenza di Carlo Pelosio. Ora abbiamo anche Francesco Frisari alle tastiere”. I Cat Claws credono nella loro identità ma senza assolutizzarla. “Ascoltiamo molta musica, è normale che ci siano delle influenze. D’altronde, chi può dire cos’è originale? Molti si affannano per esserlo a tutti i costi, diventando boriosi. Noi vogliamo divertirci e suonare quello che ci piace. Probabilmente la nostra originalità sta nel fatto che non la cerchiamo”. Band consapevolmente urbana, nella musica e nei testi. “Non parliamo molto di cose astratte, poco d’amore e per niente di politica. Preferiamo raccontare ciò che ci accade, quello che ci circonda, soprattutto in città. Questo è palpabile in pezzi come “She knows every single part of the city”,“Downtown” o “The Fool On The Bus”… l’ultima è addirittura uno sfogo diretto al trasporto pubblico di Roma. La vita è veramente dura sugli autobus!”.
www.myspace.com/catclawsband

BLOOMY ROOTS

Un reggae al femminile: energia e dolcezza per diffondere temi sociali, contro tutte le disuguaglianze

Una band di sole donne nel mondo reggae non si era mai vista. Ci hanno pensato queste otto ragazze a portare una ventata femminile nell’ambiente musicale. Alla voce Serena
Scocca
, in arte Sista Wendy, ai cori Marzia Lami alias Simple Momi, Silvia Dread Montesi al basso autrice e bassista, alla chitarra Vittoria Locurcio, Mirta Cocco alle tastiere e ai cori, alla batteria Emanuela Monni, Marta Marino al sax contralto e al trombone Raffaella Pescosolido. Tutte accomunate dalla passione per il reggae e da un contatto con la musica già dai primi anni di vita che poi è diventato invece un vero percorso di studi. Molte le loro esperienze live già prima delle Bloomy Roots. L’obiettivo odierno è creare un sound più dolce, sperimentando vibrazioni reggae tra rockstead, roots, ska e dub.
La ladies reggae band Bloomy Roots dal 2004 a oggi ne ha fatta di strada: nel 2006 partecipano al Rototom Sunsplash, nel 2007 sono al Villaggio Globale di Roma per l’apertura del live dei Black Uhruru, mentre nel 2009 aprono il concerto di Mr Derrick Morgan. I concerti in locali e centri sociali di tutta Italia fioccano, fino al 2010, anno della collaborazione con la prima donna dj della storia del reggae Sister Nancy con cui realizzano un pezzo dal titolo ‘Me a cute’. Sempre nel 2010 arrivano terze al concorso nazionale MArteLive. Il loro progetto nasce “dalla volontà condivisa di realizzare un sogno: diffondere attraverso la nostra musica un messaggio di unione e di forza, nel rispetto delle diversità, di pace, di continuo confronto dialettico. Per una comunicazione che oltrepassi i confini geografici e socio-culturali valorizzando al contempo le specificità individuali, le ‘radici’ da cui ciascuno proviene”. L’unione è la caratteristica che può descriverle meglio, “tanto più siamo unite sul palco e ci divertiamo insieme tanto più il pubblico è coinvolto e diventa parte attiva. Possiamo chiamarla condivisione empatica o ‘fomento’ o ‘groove’, ed è quella cosa che riesce spesso ad abbattere quella iniziale ‘diffidenza’ o sorpresa nel vedere un gruppo interamente al femminile. Dai commenti più frequenti del pubblico quello che arriva e colpisce di più sembra essere l’impatto di un’energia potente che scaturisce dalla compattezza del sound, contrapposta alla dolcezza e delicatezza del mood e all’aspetto scenografico di una band interamente al femminile”. Le ragazze oggi auspicano collaborazioni con artisti come Radici nel Cemento, Roots in the sky, Villa Ada, Tribù Acustica.
www.bloomyroots.it

MANUELA CHERUBINI – PSICOPOMPO TEATRO

Quando la sapienza scenica dà vita a spettacoli originali e liberi nella forma

L’attività di regista teatrale è per Manuela Cherubini come il lavoro di un ragno; tesse la sua tela con materiale vivo e l’architettura finale deve essere talmente fantastica da rendere invisibile il suo artefice. Una concezione del teatro che non ammette finalità, perché cercare di finalizzare il teatro significa provare a ingabbiarlo in definizioni inesistenti. Con ogni suo spettacolo Manuela crea un’opera viva, in cui gli artisti e il pubblico giocano insieme e in cui quest’ultimo riesce a scoprire la propria capacità immaginativa e anche eversiva. Nel 2001 fonda Psicopompo Teatro, associazione che prende il nome da un attributo delle divinità che viaggiano da un mondo all’altro: la capacità di portare l’anima da una dimensione a un’altra. “In totale libertà come ci piacerebbe che fosse il teatro”. L’idea che la regista ha del teatro è aperta a ogni genere di contaminazione, prima fra tutte la musica, poi la scienza, la storia, la filosofia, gli incontri che hanno caratterizzato la sua vita. Tutto entra nel suo lavoro, ogni persona, ogni cosa che sente e vede viene catturata e rielaborata. I drammaturghi che traduce e mette in scena sono spesso amici e hanno la capacità di divertirla facendole vedere le cose da un altro punto di vista, portandola altrove. Ciò che le interessa è “la creazione di opere vive, quindi originarie. Che non assomiglino a niente tranne che a loro stesse, che suscitino la curiosità e l’interesse da parte del pubblico. È un obiettivo ambizioso, come quello di creare la vita in laboratorio. Ma cosa c’è di più affascinante della vita? E come si fa a non desiderare di scoprire come funziona?” Il teatro che Manuela ha in mente e realizza “tende a fuggire dalle categorizzazioni. È un teatro di testo, sì, a volte. M’interessa la drammaturgia contemporanea, ma attingo alla narrativa, alla saggistica, alla musica, alla scienza, alla poesia. Amo immaginare il mio spettatore ideale, costruire delle opere per lui. È uno spettatore vorace, onnivoro, irriverente e spudorato, insofferente alle regole”. L’obiettivo da raggiungere è la bellezza, nel senso più ampio del termine: “La recitazione è l’alchimia della vita umana e il mio approccio al lavoro con gli attori è cercare di avvicinare il più possibile la complessità della vita. Costruire con artificio e fatica la meraviglia, la danza
scenica che dovrà apparire leggera, naturale, semplicissima”.

VALENTINA AVERSANO E ANDREA D’IPPOLITO – SETTEPERUNO

Un blog dove si incontrano scrittori, fotografi e illustratori per condividere idee di qualità

Due interessi paralleli quelli di Valentina Aversano e Andrea D’Ippolito, libri e fotografia. Dal connubio delle due passioni nasce un progetto lavorativo nel quale convergono creatività, esperienze, vite e stili raccontati con piglio originale. La loro creazione, SettePerUno, è un blog contenitore, un punto di incontro per creativi: scrittori, fotografi, illustratori. Ogni mese vengono presi in considerazione sette autori, impegnati a raccontare il loro punto di vista sulla contemporaneità. L’attività dei fondatori ha anche la funzione di accogliere talenti emergenti o affermati. Oggi la navigazione è caratterizzata anche da sette rubriche quotidiane curate dalla redazione, in cui trovano spazio recensioni, ricette, notizie di eventi culturali e playlist di gruppi indie. Il numero sette è protagonista di SettePerUno come a voler dare un significato libero e creativo a ogni giorno della settimana. “SettePerUno nasce da una telefonata di lavoro che non arriva, raccontano Valentina e Andrea, appassionati di libri e di fotografia, smettiamo di aspettare che il telefono squilli e decidiamo di realizzare uno spazio in cui far convergere la creatività pescata dentro e fuori dal web”. Fin dall’inizio immaginavano un sito contenitore, in cui si mescolassero personalità e discipline diverse e che offrisse ogni giorno un contenuto inedito e un luogo d’incontro per fotografi, scrittori, blogger e illustratori capaci di declinare in modo diverso la creatività, raccontando tutto quello che gira loro intorno. Così descrivono la loro attività: “Siamo costantemente alla ricerca di storie capaci di far innamorare al primo sguardo. Una redazione sparsa per l’Italia ci aiuta a intercettare stili e punti di vista originali, rendendo lo scouting parte essenziale dello sviluppo del progetto. Vogliamo che SettePerUno sia un’occasione per dare visibilità ad autori emergenti e un appuntamento fisso per lettori curiosi sempre in cerca di novità”. L’obiettivo è quello di promuovere personalità creative attraverso tutti i canali possibili, non solo web. “Abbiamo inaugurato un anno fa un ciclo di serate itineranti con reading, mostre, disegni e musica dal vivo per far incontrare autori e lettori. Lavoriamo con editor e curatori per far arrivare nelle librerie e nelle gallerie d’arte gli autori di domani”.
www.setteperuno.it

MASSIMILIANO CIVICA

Vita e arte si fondono in una carriera dedita al teatro di ricerca che lo porta a vincere numerosi premi

L’intreccio tra teatro di ricerca e istanze della scuola della tradizione italiana sono state alla base della formazione artistica di Massimiliano Civica. Regista reatino, classe 1974, dopo una laurea in Storia del Teatro studia regia all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio D’Amico. A questo aggiunge un apprendistato artigianale presso il Teatro della Tosse di Genova, del quale diventa successivamente direttore artistico. I suoi primi spettacoli, “Andromaca”, “Grand Guignol”, “La Parigina” e “Farsa” sono stati ospitati dai più importanti teatri e festival italiani. Oltre ad ottenere numerosi riconoscimenti tra cui Hystrio – Associazione Nazionale Critici Teatrali, il Premio Vittorio Mezzogiorno e il Premio Ubu, è stato docente universitario di Regia e ha collaborato con la cattedra di
“Metodologia della Critica dello Spettacolo”. “Nel tempo presente, caotico, multimediale, virtuale, in cui le persone si offrono sempre più in simulacro, come nei profili dei social network, fare teatro e continuare a proporre l’inattuale incontro dal vivo è un’attività non solo originale, ma quasi eversiva”. Per Civica il teatro è insieme arte e mestiere, attività commerciale e riflessione poetica, pragmatismo e libertà. “Attraverso la mia ricerca tento di accrescere la padronanza dei miei mezzi specifici, ovvero recitazione, drammaturgia, uso dello spazio scenico. È fondamentale essere in grado, in quest’attività impalpabile e compromissoria che è lo spettacolo dal vivo, di offrire prodotti che continuino ad avere una scintilla di vita e di arte”. Oltre ai legami professionali con le grandi realtà del settore, tra cui il Teatro Argentina, Massimiliano è entusiasta della collaborazione con enti più piccoli ma culturalmente vivaci, come il Teatro Furio Camillo e il rialto santambrogio, luoghi dove ha avuto la possibilità di provare le proprie esibizioni. “Il teatro è relazione e il principale compito di un regista è quello di creare rapporti e favorire incontri. Lo spettacolo è il luogo dove platea, attori, regista e autore, nel tempo chiuso e definito della rappresentazione, hanno la possibilità di mettersi in ascolto e interrogarsi reciprocamente, per costruire insieme un momento comunicativo che supera le nostre individuali capacità di immersione nella vita”.

ROMA PROVINCIA CREATIVA