A Londra una vetrina sulla capitale attraverso l’intervento di artisti nazionali e d internazionali. Il progetto prende il nome di “commercial road” ed è stato ideato da cura.magazine che sono riusciti a coinvolgere un network di gallerie romane: Federica Schiavo Gallery, 1/9 unosunove, Monitor, Furini Arte Contemporanea e T293 e la London Metropolitan University. A partire da ottobre 2011 e lungo l’intero anno, fino all’autunno 2012, 5 giovani artisti internazionali si alterneranno per presentare i loro lavori inediti e site-specific nello spazio-vetrina dell’università affacciato proprio su Commercial Road, nell’East End della capitale inglese, a pochi passi dalla storica istituzione della Whitechapel gallery. L’artista italiano Andrea Sala (per la Federica Schiavo Gallery) è il primo ad “essere invitato a rileggere lo spazio originale di una vetrina, che, per sua natura costantemente visibile al pubblico, renderà ogni intervento un vero e proprio progetto di arte pubblica” dal 13 ottobre al 15 novembre 2011. Seguiranno Per-Oskar Leu, Jesse Ash, Willam Cobbing e Pennacchio Argentato a supportare questa iniziativa con la quale cura. intende attivare oltre allo spazio fisico anche una vera e propria opportunità di incontro tra artisti e curatori internazionali, affiancati in una lettura critica dei lavori a ciascuno degli interventi. Approfondiamo il progetto con i due curatori del progetto, Ilaria Marotta e Andrea Baccin.
Come nasce questa idea?
I.M. Come tutte le idee! … Una volta nata, è nata!
Perché è stata scelta Londra come vetrina ideale e il connubio proprio con la London Metropolitan University?
I.M. Perché l’East End di Londra, con il suo multiculturalismo, è la Roma che noi non avremo mai. La partnership con la London Metropolitan University è nata perché c’è stata facilità di accesso. C’è stata una proposta e una risposta. Come dovrebbe sempre avvenire per facilitare la fruizione di idee.
Commercial Road Project, un titolo scelto per?
I.M. Per comunicare un progetto pubblico, visibile dalla strada 24 ore su 24.
Come è stato creato il network di gallerie romane?
A.B. Si parla molto di network romano, che comprende gallerie, fondazioni, musei. Come è stato detto tempo fa da un direttore di un museo di Roma, al suo arrivo qui, a Roma abbiamo tutto, gli artisti, i curatori, le gallerie, le fondazioni. Noi abbiamo voluto portare un po’ di quel tutto in una città nuova. Letteralmente abbiamo voluto aprire a Londra una vetrina su Roma.
Quali sono state le modalità seguite nella scelta degli artisti?
A.B. Abbiamo selezionato artisti giovani, il cui lavoro potesse misurarsi con uno spazio di questo tipo e con cui abbiamo voluto intraprendere questa avventura.
Cinque giovani artisti internazionali – Andrea Sala, Per-Oskar Leu, Jesse Ash, Willam Cobbing e Pennacchio Argentato, qual è il fil rouge che li lega e che li rapporta a Roma?
I.M. Non c’è un fil rouge tra gli artisti, se non il fatto di essere rappresentati da gallerie romane.
Ci sono delle linee guida che gli artisti dovranno seguire e considerare nell’allestimento della loro “vetrina”?
A.B. Totale libertà. C’è lo spazio, la strada e Londra.
Andrea Sala, il primo artista della serie, cosa presenterà?
I.M. Per Andrea Sala la vetrina diventa l’occasione ideale per riflettere sull’idea del display. Nel suo lavoro Andrea sintetizza tutti gli elementi strutturali di una comune vetrina commerciale: i tubi in plexiglass dai colori primari del giallo del rosso e del blu che richiamano i neon dei negozi; lo specchio che ordina e al contempo moltiplica la merce esposta, come è in uso in molti fruits market di Montréal, la città in cui vive e lavora; il display, predisposto a mostrare in futuro altri prodotti (oppure no), ma che a oggi è “solo” un display di frutta.
Qual è l’obiettivo del progetto?
A.B. Portare Roma fuori da Roma. Dare la possibilità agli artisti di confrontarsi con uno spazio stimolante. Far parlare di Roma e di quello che succede qui.
Ci sono progetti simili realizzati in Europa o altri Paesi?
I.M. Mi viene in mente, una per tutte, la mostra Chambres d’Amis, curata da Jan Hoet a Gent nel 1986, che ospitava i lavori in abitazioni private, e che è stata tra le prime a ripensare un format espositivo con nuove modalità di interazione tra pubblico e privato.
Ilaria Marotta è curatore e direttore editoriale di cura.magazine, di cui è editore e co-fondatore. È stata curatore per il Macro, lavorando con gli artisti Gregor Schneider, Avish Khebrehzadeh, Paolo Canevari, Paolo Chiasera ed Ernesto Neto e consulente per l’arte contemporanea del Museo Arcos a Benevento. Curatore della Moving Gallery, progetto espositivo nomade, realizzato a Roma tra il 2004 e il 2006 e responsabile del portale per l’arte contemporanea di Treccani, per cui ha pubblicato centinaia di articoli. Co-curatore del secondo ciclo di “Roommates/Coinquilini” al Macro di Roma nel 2010 (Pietro Ruffo/Valentino Diego) e del progetto di Manfredi Beninati nell’ambito del programma “cura.projects”. Ha all’attivo numerose pubblicazioni su cataloghi e riviste. È co-editore di cura.books e co-curatore del progetto Commercial Road (www.commercialroadproject.com).
Andrea Baccin è co-fondatore, direttore e art director di cura.magazine. Responsabile di cura.books. È stato art director di importanti agenzie pubblicitarie internazionali, tra cui Ogilvy and Mather e la Saatchi & Saatchi. Ha vinto numerosi premi per il graphic design e la comunicazione in ambito nazionale e internazionale. È co-curatore del progetto Commercial Road (www.commercialroadproject.com).
www.commercialroadproject.com
www.curamagazine.com