“Intorno a noi si è creata fin dall’inizio una rete mondiale, aiutati dal fatto che non siamo condizionati dall’uso della lingua e non cerchiamo certo un successo pop: questi due ‘pro’ ci hanno permesso di girare in tutto il mondo e di trovare una nostra nicchia di ascoltatori – non di ‘pubblico’ – a cui ci sentiamo legati. Siamo riusciti a creare un network molto ampio e assolutamente basato sulla passione, sul bisogno di dedicarsi alla musica (non solo la propria) e di aiutare musicisti e band che si incontrano sul cammino”. A svelarci i retroscena degli Zu è Massimo Pupillo, bassista del gruppo. Attivo nella scena della musica sperimentale fin dai primi anni ’90, nel 1997 fonda il trio Zu insieme a Luca Mai (sax) e Jacopo Battaglia (batteria). “Dal punto di vista economico non faremo mai i numeri del pop ma d’altra parte non dobbiamo neanche sottostare ai compromessi, alla perdita totale di controllo sulla propria vita che quel mondo richiede. Sinceramente non farei a cambio perché non vorrei mai essere in balia di un direttore marketing che decide che quest’anno non sono più di moda. Meglio non esserlo mai, di moda, e andare avanti seguendo il proprio intuito e la propria logica”. Gli Zu mantengono il controllo totale su ogni aspetto della loro attività, da quello musicale a quello artistico, fino alle scelte manageriali che riguardano anche l’organizzazione dei tour. “Quando abbiamo iniziato la nostra avventura non esistevano band italiane che viaggiassero tanto all’estero quanto noi. Così, abbiamo imparato da soli e, facendo anche degli errori, in questo contesto di ‘tabula rasa’, abbiamo mosso i nostri primi timidi passi. Allora, mentre in Italia faticavamo ad avere una recensione, organizzavamo concerti sold out a Tokyo e, probabilmente grazie al fenomeno dell’onda lunga, alla fine abbiamo trovato uno spazio anche qui. Contemporaneamente altri spazi, altri cervelli, altre idee ed energie si formavano, come ad esprimere un bisogno organico di musica, di nutrimento, negatoci troppo a lungo. Così, parallelamente al nostro percorso, abbiamo visto sorgere una vera e propria marea di nuovi gruppi, musicisti che spaziano nei progetti più svariati, una scena viva, vitale e, soprattutto, non supportata da nessuno. Roma è una città ricchissima di talento ma questo da solo non basta. Sono scettico sul fatto che si possa trovare una via che incanali un patrimonio, che è sì ricco ma dispersivo, perché si esprime in mille rivoli. La speranza e l’augurio è che sempre più musicisti capiscano che è raro e difficile fare i soldi, e che tanto vale ricercare la creatività e l’originalità, avendo il coraggio di guardare prima alla musica e poi ai contratti. In questa città la musica è dimenticata nella sua nicchia, all’ultimo piano del ‘palazzo della creatività’. Eppure ci sarebbe così tanto da valorizzare! La mia speranza è che prima o poi queste energie, che altrove riceverebbero premi e aiuti, non siano costrette – come spesso avviene – ad emigrare all’estero per ottenere un minimo di riconoscimento”.
www.myspace.com/zuband
ZU
Oltre 120 date all’anno e in tour con Mike Patton. Ecco come gli Zu hanno conquistato la scena internazionale