Formatisi all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio d’Amico e alla New York University, Stefano Ricci e Gianni Forte rappresentano la scena teatrale italiana in tutto il mondo.
Stefano e Gianni affondano le radici del loro teatro nella classicità che, raccontano, “diventa riflessione artistica ed etica del momento che stiamo vivendo”. Come succede ad esempio in “MetamorpHotel”, rielaborazione metaforica delle “Metamorfosi” di Ovidio. O come in “troilo Vs cressida”, adattamento dell’opera di Shakespeare che ha debuttato nel 2010 al Festival dei Due Mondi di Spoleto. In “Plotous” invece, prodotto dal Teatro di Roma e premiato come miglior testo alla Biennale di Venezia nel 2009, partono da Aristofane per raccontare le periferie urbane capitoline degli anni cinquanta. L’intento di questi due autori, come spiegano, “è la rifondazione di una possibilità dove ognuno degli elementi coinvolti nella creazione artistica, performer o pubblico, possa comprendere che siamo un’Atlantide sommersa. Che con un vigoroso colpo di pinne potremmo far riaffiorare i tesori e asciugarli al sole“. Questi tesori sono nascosti nelle opere degli uomini che hanno contribuito a creare il nostro immaginario. Riscoprirli e reinterpretarli significa, per usare le parole di Ricci e Forte, “far deflagrare denti, ventricoli e neuroni attraverso il potere smisurato di una Cenerentola che vive accanto a noi, ma della quale ci siamo dimenticati l’esistenza: la Fantasia. Riponiamo fiducia nell’uomo e nelle sue capacità di sollevarsi dal rassicurante pantano in cui, come un ippopotamo, ha eletto la sua residenza“. E’ interessante, sotto questo profilo, la riflessione che fanno con lo spettacolo “Grimmless”. Qui i due autori prendono il genere letterario che più di tutti usa e stimola la fantasia: la fiaba.”Fiaba intesa come transizione infantile verso l’età adulta”, si legge nella presentazione del testo. Riflessione che si fa sempre più amara: Fiabe per nonni e nipoti, ognuno con il proprio bagaglio di desideri, aspettative e frustrazioni pronte a spiccare il volo verso una materializzazione dei bisogni. Che non sempre avviene. Perchè le nostre giornate non sono scritte dai fratelli Grimm. Non ci sono artifici. Ci siamo noi. Fratturati e ribaltati. Senza Grimm, appunto“.