MONICA SCANU

La città, il territorio e la creatività, Monica Scanu riflette sul legame e sul rapporto tra questi elementi. Un flusso di pensieri e di opere che negli ultimi anni lavora “sulla” città ma anche “con” la città, con un continuo e florido scambio intellettuale.

Vuole tentare una definizione di creatività?
Io trovo che il termine creatività sia oggi abusato e quindi un po’ logoro. E questo in un paese che ha circa 160.000 diversi lemmi da utilizzare, secondo l’austero Grande Dizionario della Lingua Italiana di Salvatore Battaglia. Parlerei piuttosto di una capacità di visione e di connessione, di un’altra energia, di una attitudine a risolvere i problemi e gli stati di crisi con approcci multidisciplinari.
Quali sono gli elementi fondamentali che definiscono l’industria creativa nel settore che lei ha approfondito?
A mio avviso l’elemento fondamentale è “saper nuotare”. Ovvero imparare a governare le situazioni difficili imparando o meglio inventando le tecniche di sopravvivenza più adatte, e adattando gli strumenti noti e a disposizione alle nuove situazioni. E poi elementi fondamentali sono quelli che ho disegnato nel primo scenario di architettura e design per RomaCreativa: un grande impegno, l’organizzazione, l’operare in più campi – dal progetto all’intervento artistico, l’investire in ricerca e formazione.

Quali sono i valori “altri” che lei collega alla creatività? L’attività culturale, innovativa, ideativa fa bene a “cosa” secondo lei?
Se vogliamo parlare di “fare bene a qualcosa o a qualcuno” certamente ogni attività intellettuale con caratteristiche di novità e di energia è indispensabile per la crescita e l’evoluzione delle persone e delle collettività. A mio modo di vedere la creatività, come sopra definita, ovvero l’energia creativa è l’ossigeno nella vita delle persone.

Nella provincia di Roma esiste una “classe creativa”? E, se sì, ha un profilo peculiare, una serie di caratteristiche che possiamo considerare uniche nel panorama romano?
Facendo riferimento alla definizione di
Richard Florida sicuramente esiste, come dimostrato anche dalle ricerche sviluppate in Italia dallo stesso Florida. La classe creativa romana, in cui per romana intendo la grande area metropolitana costituita dalla città e dal suo territorio provinciale, è profondamente permeata e condizionata dall’esperienza quotidiana di vivere qui, in quest’ambiente culturale scenografico e appassionante, ma anche pigro e molto legato ai tempi e ai modi della politica. La sua unicità è data dal fatto che se vivi e studi in questa città, il pensiero e l’attività progettuale diventano il frutto, il condensato o l’astrazione di quello che abbiamo attorno. E poi ci sono le capacità creative e artigianali nel settore del costume, ad esempio, dell’industria vicina al cinema e alla televisione, che sono una caratteristica tutta romana. Un altro grande atout è quello di ospitare la più grande comunità intellettuale internazionale rappresentata dai borsisti e dagli studiosi ospitati nelle accademie e negli istituti di cultura stranieri a Roma: un flusso di pensieri e di opere che negli ultimi anni lavora “sulla” città ma anche “con” la città, con un continuo e florido scambio intellettuale.
Quali sono secondo lei gli indicatori più interessanti dello stato di “salute” della creatività romana?
I numeri di giovani professionisti che si affacciano al mondo del lavoro, di artisti, di operatori culturali. La presenza di iniziative non originali ma proposte per la prima volta a Roma come (re)load di
Gian Maria Tosatti che si concluderà a marzo 2011. Un modello di progetto culturale incentrato su arte, teatro e architettura contemporanea limitato nel tempo che trova collocazione fisica in spazi momentaneamente non utilizzati, come il deposito ricambi di un negozio di automobili al Pigneto utilizzato per l’edizione romana. Una voglia di creare occasioni di scambio culturali, di mettere insieme competenza e profili diversi, di sperimentare nuovi modelli per operare sui territori.
A che cosa dovrebbero portare (o hanno portato) gli investimenti fatti e da fare in campo creativo?
Mi sembra che in particolare da alcune istituzioni siano stati fatti interventi efficaci in questo ambito, interventi finalizzati a creare delle reti, a far conoscere e comunicare le realtà creative del territorio, a stimolare il dibattito culturale sul tema. Quello che andrebbe fatto è supportare con investimenti: innanzitutto le realtà creative che non sono autonome - penso ad esempio ai piccoli artigiani e ai designer auto produttori presenti sul territorio che vanno sostenuti e aiutati a mantenere le loro sedi lavorative nel centro storico e nei quartieri; poi le iniziative che mettono in moto le idee, gli operatori pubblici e privati, i luoghi dell’area metropolitana; e soprattutto la formazione, attivando e creando corsi brevi e professionalizzanti (efficace si rivelò ad esempio il modello dei diplomi universitari in Disegno Industriale) al livello medio, e scuole-botteghe al livello più alto per formare una nuova classe di persone con capacità di visione e skills specifiche in settori creativi.

Esiste un caso estero o italiano di “trattamento” riservato alla classe creativa a cui dobbiamo guardare con successo?
Io guardo con molto interesse ad alcuni “luoghi” in cui si sviluppa la creatività in Italia e all’estero: come ad esempio la
Fondazione Forma per la Fotografia di Milano che è diventata la Casa della Fotografia in Italia. È interessante innanzitutto per gli operatori coinvolti: Contrasto, la Fondazione Corriere della Sera e l’Azienda Trasporti Milanese. Poi per il luogo: si tratta di una ala ristrutturata del deposito dei tram del quartiere Ticinese di recente trasformata in piattaforma culturale. E soprattutto per le funzioni: un programma culturale incentrato sulla fotografia che si avvale di un grande spazio ad essa dedicato con varie aree espositive, di spazi per proiezioni, dibattiti ed attività didattiche, di una libreria specializzata, di una galleria per opere destinate alla vendita e di un ristorante. Oppure un altro esempio più destrutturato come lo Studio 427 collocato in una ex fabbrica di gazzose in una zona degradata della città di Palermo, nato da una idea di Alfred Von Escher: si tratta di un luogo pensato per il lavoro e per la realizzazione di progetti, di una officina e una falegnameria di restauro e produzione, uno spazio di co-working per progettare e realizzare opere e installazioni di arte contemporanea e design, e anche come luogo di prova per il teatro. O ad altri esempi storici come la Friche di Marsiglia o il Chantier 109 di Nizza (la riqualificazione dell’ex mattatoio).
Esiste una esperienza che considera esemplare per le sue competenze e capacità? Quale?
Ne esistono almeno due. Mi riferisco innanzitutto all’esperienza formativa sviluppata con la scuola
Domus Academy di Milano e con l’IRFI, Azienda Speciale della Camera di Commercio di Roma, il Master in Cultural Experience Design and Management. Un master di design incentrato sull’esperienza culturale e turistica a Roma sviluppato con un metodo meta-progettuale e multidisciplinare, che ha visto nei suoi due anni di vita partecipanti per lo più stranieri e con differenti background culturali. Probabilmente un progetto ambizioso e sviluppato in tempi non maturi, ma nel quale erano già presenti in nuce quelli che dovrebbero essere gli elementi degli ambienti in cui si sviluppa la capacità di visione e di connessione. La seconda è stata quella sviluppata durante il mio anno di collaborazione con l’ex Assessore alle Politiche Culturali e della Comunicazione Umberto Croppi, persona con una grande capacità di visione e di immaginare scenari: un periodo in cui alla luce delle caratteristiche della città e del più generale stato di crisi sono stati fatti grandi interventi in ambito culturale innescando circoli virtuosi fra le istituzioni, gli operatori, gli sponsor e  utilizzando come volano fra gli altri l’arte e l’architettura contemporanee.

Monica Scanu, architetto, si occupa di experience design e architettura. Tra il 2007 e il 2009 è direttore a Roma del Master in Cultural Experience Design and Management di Domus Academy e IRFI, un’iniziativa formativa incentrata sull’experience design e sulla città di Roma, organizzata da Domus Academy e IRFI, azienda speciale della Camera di Commercio di Roma. È stata docente presso il Corso di Laurea di Disegno Industriale alla Seconda Facoltà di Architettura Ludovico Quaroni di Roma e, fino al 2009, presso il Design Culture and Management Program al Bilgi University di Istanbul. Nella capitale turca ha inoltre organizzato, in collaborazione con l’azienda Moleskine, il progetto Detour My Detour. Dal 2010 fa parte dello staff dell’Assessore alle Politiche Culturali e della Comunicazione del Comune di Roma, Umberto Croppi. Coordina il progetto Cultura Internazionale a Roma, piattaforma di collaborazione nell’ambito di progetti culturali fra il Comune di Roma, le Accademie e gli istituti di Cultura stranieri a Roma. Nel 2009 ha fatto parte della giuria del Premio Cavalierato Giovanile e del Concorso di idee per prodotti di merchandising museale indetto da Zètema. Fa parte della redazione della rivista DIID, Disegno Industriale Industrial Design, ed è stata co-direttore del magazine 7thFLOOR. Sempre nel 2009 ha collaborato alla direzione artistica di FotoGrafia – Festival Internazionale di Roma. Ha partecipato con la Venice International University e lo IUAV di Venezia a un progetto inserito nel programma della prossima Biennale di Architettura. Ha curato, insieme ad Andrea Granelli, il volume “(re)design del territorio. Design e nuove tecnologie per lo sviluppo economico dei beni culturali” pubblicato da Fondazione Valore Italia. Di recente nomina la sua collaborazione con l’ufficio “Città Storica di Roma Capitale”, Assessorato all’Urbanistica.

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