La ceramica e il progetto

La cercamica e il progetto” è un concorso di architettura dell’industria ceramica italiana lanciato da Confindustria Ceramica e la controllata Edi.Cer. Spa e conclusosi il 27 aprile scorso. La competizione si rivolgeva a tutti gli architetti e interior designers residenti in Italia che avessero realizzato progetti con uso di piastrelle di ceramica completati tra gennaio 2011 e gennaio 2013 sul territorio italiano.

La cerimonia di premiazione, organizzata da L’industria ceramica italiana e da Cersaie, Salone internazionale della ceramica per l’architettura e dell’arredobagno, si svolgerà al Maxxi di Roma il 1 luglio 2013. Nella stessa giornata si svolgerà anche una conferenza di architettura, a partire dalle ore 18. Interverranno gli architetti Sebastiano Brandolini, Michele Capuani e Cherubino Gambardella. Introduce Vittorio Borelli e modera Aldo Colonetti.

*nella foto, il progetto vincitore categoria Residenziale 2012
Progetto: The white pumpkin bunker house
Architetto/Progettista: Cherubino Gambardella
Piastrelle: Vogue
Foto: Peppe Maisto

1 luglio 2013, ore 18.30
Museo Maxxi
Via Guido Reni, 4A Roma
www.laceramicaeilprogetto.it

Ines Paolucci

Vi presentiamo Ines Paolucci, sezione Architettura e Design della terza edizione del volume RomaCreativa

Esperta in design industriale e comunicazione visiva, Ines Paolucci cura la grafica di prodotti editoriali e progetti di identità istituzionale, occupandosi anche dell’immagine per eventi e campagne di comunicazione. Tra le molte creazioni ne segnaliamo una in particolare, progettata insieme a Daniele Statera: si chiama “Diamond” e sostanzialmente si tratta di una serie di lampade realizzate per l’azienda di design Slamp. Esposta a lungo al Triennale Design Museum, il primo museo del design italiano, questa creazione può essere considerata qualcosa di più.
Per usare le parole della designer: “Diamond è una scultura luminosa dal linguaggio geometrico complesso e rigoroso che richiama la forma di un diamante sfaccettato, un candido quarzo che crea suggestivi giochi di luci e ombre”. Il lavoro del designer richiede
una molteplicità di competenze sia artistiche sia tecniche.
Un oggetto non deve essere solamente “bello” ma deve tenere conto anche della sua usabilità, dell’impatto con l’ambiente e di molti altri fattori. Nel suo significato più ampio, il design di un prodotto contempla il rapporto dell’oggetto con chi lo utilizzerà. Ines Paolucci racconta, infatti, che ogni suo progetto “nasce dall’amore per le immagini, per gli oggetti e per tutte quelle parole, idee e persone capaci di incuriosirmi ed emozionarmi per intelligenza, bellezza, complessità o qualità espressive. Tutto questo alimenta la mia immaginazione e il mio bisogno di espressione che, domati da regole e vincoli progettuali e rafforzati dall’esperienza, producono una sintesi, non originale ma autentica, che si chiama progetto.” Questa sintesi è forse il compito più arduo che spetta
a un designer. Creatore, sì, di immagini e di forme, ma soprattutto interprete di un mondo sempre più complesso e in costante evoluzione. “Un progettista – spiega Ines – non può non tener conto dell’attuale con-fusione e contaminazione dei linguaggi.
Bisogna conoscere il passato e immaginare un futuro, ma essere fortemente contemporanei. Credo che la profonda conoscenza del proprio mestiere, unita alla memoria, alla riscoperta e valorizzazione del sapere artigianale, sia oggi più che mai l’unico punto fermo e una necessaria utopia per sfuggire al dilettantismo e alla
dilagante e frustrante schizofrenia”.

WWW.INESPAOLUCCI.IT

ALESSANDRA MAURO

Curatrice sezione Fotografia della terza edizione del volume RomaCreativa

Giornalista, Alessandra Mauro è nata a Roma, è laureata in Lettere e si occupa di fotografia da molti anni. Come curatore, ha concepito e organizzato diverse mostre fotografiche: William Klein, “Roma”; Mario Giacomelli, “La figura nera aspetta il bianco”; Mimmo Jodice, “Perdersi a guardare”, “Ombre di guerra” e molte altre, presentate in diverse sedi museali.

Come direttore artistico di Forma, Fondazione Internazionale per la Fotografia di Milano, è responsabile del programma espositivo dal 2005, ha curato e presentato numerose mostre collettive e personali di diversi autori tra cui Richard Avedon, Josef Koudelka, Peter Lindbergh, Henri Cartier-Bresson, Martin Parr, Bettina Rheims Gianni Berengo Gardin e altri.

Come direttore editoriale di Contrasto, Roma, ha curato e realizzato diversi libri e cataloghi, tra cui “I custodi dei fratelli: fotografia e diritti umani”; “Ombre di guerra”, e altri. Tiene un laboratorio sull’iconologia e la lettura delle immagini presso l’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli.

RICCARDO MONACHESI

Curatore sezione Artigianato della terza edizione del volume RomaCreativa

Riccardo Monachesi, nato a Roma nel 1954, si laurea in Architettura nel 1980. Affascinato dal mondo del “saper fare” pratica dai 14 anni in poi attività che prevedono una spiccata manualità quali la lavorazione del cuoio, lamiera, disegno e legno. Questi interessi si condenseranno, negli anni successivi, nello studio e nell’analisi dell’artigianato italiano, riferito ai diversi centri di produzione.

Dal 1990 al 2000 collabora stabilmente con Titti Carta all’interno della società da lei creata “Arte del Quotidiano”, allestendo mostre in Italia e all’estero, curando selezioni di artigiani, collaborando come giornalista freelance per la rivista “D’A, tra artigianato e Design” fondata e diretta dalla stessa Carta.

Dal 2001, per la Regione Lazio, cura la promozione dell’Artigianato Laziale partecipando e creando manifestazioni e fiere settoriali e d’immagine.

FRANCESCO NAPOLITANO E SIMONE LANARO – LAD

Vincitori del Premio Vocazione Roma sezione “Territorio”

Simone Lanaro e Francesco Napolitano sono i fondatori del LAD – Laboratorio di Architettura e Design. L’attività professionale del laboratorio comprende la progettazione architettonica a tutti i livelli, la direzione dei lavori e la direzione artistica, la progettazione degli interni, l’arredamento e il design industriale. Nel 2010 il LAD è stato selezionato tra i quaranta studi di architettura che hanno esposto il proprio lavoro alla mostra “27-37 – Rassegna di Giovani Architetti Italiani”, al Padiglione Italia dell’EXPO Shanghai 2010. Nel 2011, è stato selezionato dalla UTET per il volume GiArch dedicato ai giovani studi di architettura Italiani.

Francesco Napolitano si è laureato con lode e pubblicazione della tesi in Progettazione Ambientale alla facoltà di Architettura dell’Università di Roma “la Sapienza” nel 2004. Durante il corso di Laurea vince una borsa Erasmus che gli consente di studiare per un anno al T.U. Delft, frequentando il Master of Science in Dwellings. Dopo la laurea vince il concorso per il dottorato di ricerca ed inizia a collaborare con la Professoressa Cristina Benedetti ai corsi di Progettazione Ambientale e Tecnologia dell’Architettura. Nel 2006 fonda LAD e nel 2008 consegue il Titolo di Dottore di Ricerca. Affianca all’attività professionale quella di ricerca; è stato correlatore di numerose tesi di Laurea ha svolto il proprio seminario nel corso di Progettazione Ambientale.

Simone Lanaro è un designer con formazione universitaria alla facoltà di Architettura dell’Università di Roma “la Sapienza”. Lavora dal 1991 nel campo del Design e dell’arredamento di Interni. Nel 2001 fonda Millennium Design e lavora all’arredamento di strutture alberghiere, immobili e delle abitazioni di “Luxury Places”, in Italia, in Francia e negli Stati Uniti. Nel 2006 fonda LAD. Si occupa del coordinamento e dello sviluppo di idee, progetti e del design degli interni.

Nel 2011 vincono il Premio Vocazione Roma con un “Progetto di riuso del pilone del ponte Bailey”. Noi di RomaProvinciaCreativa gli abbiamo rivolto alcune domande per approfondire l’argomento.

Come nasce l’idea del progetto sul ponte Bailey?
Francesco Napolitano: Per anni ho giocato a calcetto con i miei amici nei campi del circolo sportivo “Bailey”. Prima di iniziare la partita facevamo sempre un po’ di palleggi nel piazzale davanti al pilone nord (quello sul quale vorrei posare la piattaforma); ma non lo avevo mai notato perché giocavamo sempre di sera. Poi una volta il pallone è finito dietro alla staccionata e mi è toccato andarlo a riprendere vicino alla riva, così mi si è aperto davanti lo scenario dei tre appoggi orfani del loro ponte. Non ne sapevo niente e sulle prime ho pensato che una simile assurdità potesse essere solo il risultato di una operazione edilizia dissennata: invece no! Il ponte una volta era lì per davvero! Così tornando a casa mi sono chiesto quale potesse essere un modo per rimediare a quella situazione e ho disegnato la risposta su un pezzo di carta. La mattina dopo discutevo con Simone l’idea del Project Financing.

Quali sono gli obiettivi che si pone e perché dovrebbe essere realizzato?
Simone Lanaro: Sarebbe importante realizzarlo perché configurerebbe una situazione che in ambiente anglosassone viene definita “win-win”, nella quale cioè esistono solo vincitori, sono tutti contenti: la pubblica amministrazione sana una situazione di degrado urbano senza spendere soldi; l’imprenditore che ottiene la concessione di utilizzo del pilone nord, costruisce, crea business e lavoro; il gestore degli spazi polifunzionali avvia un’attività proficua e crea occupazione; la cittadinanza guadagna una piazza pubblica in mezzo al fiume e riconquista la vista su una parte del Tevere bellissima e naturalistica, senza gli argini, ma purtroppo quasi sconosciuta perché è inaccessibile.

Quali saranno i materiali utilizzati?
La piattaforma è perfettamente removibile e allo stato dell’arte abbiamo pensato ad una struttura in travi di acciaio. Ovviamente nessuno ci vieta, nel momento in cui dovessimo affrontare un livello di progettazione più dettagliato, di ripensarci e di usare il legno lamellare. Comunque direi che entrambi i materiali non pregiudicano la forma del progetto: la cosa veramente importante è mantenere una linea semplice e poco invadente. Per quanto riguarda la “pelle” dell’architettura, i rivestimenti orizzontali e verticali sono in legno, acciaio e vetro.

Quali sono i tempi e i costi di realizzazione?
Francesco Napolitano: Ad oggi questa è solo un’idea, quindi é difficile stimare l’incidenza dei costi di costruzione su un ipotetico investimento. Ma sono sicuro che non stiamo parlando di cifre astronomiche: non si tratta di costruire un ponte! Davvero… è solo una struttura a sbalzo! Per quanto concerne le tempistiche, la costruzione, se ben diretta, potrebbe durare meno di un anno, purtroppo invece la burocrazia impone tempi di approvazione lunghissimi.

Gli ostacoli maggiori che potreste incontrare nella sua realizzazione?
Noi abbiamo depositato presso gli uffici della Regione Lazio una richiesta di concessione di beni demaniali e abbiamo allegato il nostro progetto. Purtroppo la richiesta non ha ancora avuto un un riscontro: l’ostacolo maggiore potrebbe proprio derivare dalle inevitabili lungaggini amministrative e burocratiche italiane. Comunque ci fa piacere constatare che venti giorni dopo aver vinto il premio Vocazione Roma, dopo tanti anni di silenzio sulla situazione di degrado dell’ex ponte Bailey, il Comune di Roma ha dato notizia (utilizzando tra l’altro una nostra fotografia) di voler indire un Project Financing per un progetto che riguarda una struttura sospesa sui tutti e tre i piloni, per un costo di 35 milioni di euro.
Questo tuttavia sarebbe un vero peccato, perché significherebbe perdere l’occasione di demolire i piloni centrali: la nostra idea prevede di liberare il letto del fiume dai piloni con un progetto più semplice, molto meno costoso e meno invadente.

Ci potete illustrare le ricadute positive di questo progetto in una città come Roma?
Come diceva poco fa Simone, quella del recupero del pilone del ponte Bailey è una situazione win-win: a vincere è anche e soprattutto Roma. È importante dimostrare che anche a Roma sappiamo pensare ed attuare, proposte visionarie che trasformino le disfunzioni urbane che abbiamo ereditato in funzioni.

Quali sono le fasi di realizzazione di un vostro progetto?
Francesco Napolitano: Per quanto riguarda l’architettura prima di ogni progetto c’è sempre una fase di brainstorming, un lavoro di gruppo che ha come fine l’individuazione dei punti focali sui quali la strategia progettuale deve insistere, e questo avviene attraverso la selezione di schemi il più possibile chiari e semplici. Subito dopo, il lavoro di gruppo lascia spazio alla riflessione individuale e solitaria, nella quale lo schema deve essere visualizzato e trasformato in una suggestione architettonica. Infine la terza ed ultima fase riguarda la trasformazione della visione in un disegno in scala, realistico e realizzabile.
Simone Lanaro: Nel design, negli interni e nell’arredamento, ma in fondo anche nell’architettura, un buon progetto è il risultato della combinazione di tre variabili: la preesistenza, il budget e l’idea. Così come il risultato finale, e cioè la realizzazione, è il risultato di altri tre parametri: un buon progettista, un buon committente ed un buon costruttore.

Lavorate in gruppo, da soli, in casa o in uno studio?
Le idee possono arrivare ovunque: a casa, in studio, da soli o in compagnia. Ma il lavoro di gruppo avviene sempre e solo in studio. Per essere creativi bisogna avere disciplina.

Quali sono i vostri progetti per il futuro?
Ci piacere provare a condividere,sviluppare e realizzare il nostro design ed il nostro modo di fare architettura all’estero.

www.lad.roma.it

ROMA PROVINCIA CREATIVA