s.t. foto libreria galleria prosegue il proprio lavoro di recupero e valorizzazione delle immagini del passato con una mostra che ruota attorno all’archivio di un grande giornalista europeo scomparso tre anni fa a Roma, Erich B. Kusch (1930-2010), per lunghi anni presidente dell’Associazione della Stampa Estera.
Triestino di nascita ma cresciuto in Germania, corrispondente dall’Italia per diverse testate tedesche, Kusch aveva scelto di custodire personalmente i diversi documenti di cui si è servito in più di mezzo secolo di vita professionale.
La mostra nasce da qui, dalla volontà di contrastare la naturale dispersione dei materiali di lavoro che hanno segnato la vita del giornalista, e dall’ipotesi di riproporli puntando soprattutto, in un contesto come quello della galleria, sull’inedita valenza estetica dei documenti visivi ritrovati.
Dietro questi documenti c’è un’esistenza in cui non è possibile disgiungere le inclinazioni personali dai metodi di lavoro; c’è la storia di una vocazione originaria e mai sopita ad esplorare e raccontare la realtà che ci circonda, a percorrere sentieri non battuti, a scalare nuove vette, a scrutare orizzonti inediti.
La grande curiosità di Kusch e l’amore per il suo mestiere, lo portavano sempre a cercare di incontrare nuove persone. Era ugualmente motivato a colloquiare amabilmente e rispettosamente con un oste appena conosciuto in un ristorante, come con un ministro ad un ricevimento ufficiale. Il corpus fotografico in mostra – costituito in parte da materiale di agenzie stampa nazionali e internazionali e in parte da scatti effettuati dallo stesso Kusch – ruota principalmente attorno al lungo viaggio al Polo Sud compiuto nel 1961 a seguito della spedizione “Deep Freeze”, nell’ambito del Programma Antartico degli Stati Uniti: uno dei maggiori progetti di ricerca intrapresi prima della conquista dello spazio. Le immagini rappresentano scene di lavoro e di vita quotidiana nella stazione di McMurdo, una base scientifica e logistica tuttora attiva nelle missioni in Antartide.
E’ invece Roma – la città in cui Kusch si trasferì all’inizio della sua carriera, eleggendola a base operativa per il resto della vita e su cui scrisse anche due guide turistiche – la protagonista di altri scatti esposti: dalle immagini di Campo de’ Fiori (quando il mercato ortofrutticolo era ancora il protagonista assoluto della piazza), a quelle che mostrano il restauro della statua equestre di Marco Aurelio, eseguito nel 1988.
La vocazione internazionale di Kusch e la fitta rete di relazioni professionali da lui intessuta negli anni, affiancate a una spiccata curiosità personale, lo hanno condotto a raccogliere – in un’ epoca pre-digitale, quando il lavoro giornalistico si alimentava e produceva informazioni su diversi supporti fisici – un ricco e variegato insieme di documenti non solo fotografici. Oltre alle foto, la mostra presenta infatti stralci di corrispondenza, estratti di cartelle-stampa, articoli di giornale, e altre pubblicazioni riconducibili a diversi significativi eventi della nostra storia recente.
Fra i libri provenienti dalla biblioteca di Kusch figura ad esempio Milano 2. Una città per vivere, destinato alle prime famiglie che a metà degli anni settanta si trasferirono nel centro residenziale progettato dalla Edilnord di Silvio Berlusconi: un’autentica rarità bibliografica, ma soprattutto una fonte preziosa quanto curiosa (con testi di Enzo Siciliano, Natalia Aspesi, Gianni Brera) sulla genesi di quel nuovo miracolo italiano, che il Cavaliere riuscirà a vendere successivamente a un’intera nazione, ma non ai cronisti più attenti alla stampa internazionale, fra cui lo stesso Kusch.
Un altro protagonista del progetto espositivo è il magnetofono originale utilizzato dal giornalista per la registrazione di interviste e conferenze. Negli spazi di s.t. foto libreria galleria, sarà possibile ascoltare alcune di queste bobine magnetiche, con le voci di diversi protagonisti della vita politica italiana del passato: da Berlinguer a Pertini.
Per i Deutschrömer, i “tedeschi romani” della città, Erich Kusch è stato per mezzo secolo punto di riferimento e di ispirazione. Il giornalista era presidente del centro culturale italo-tedesco
Villa Vigoni e per alcuni anni membro della giuria per la borsa di studio della Casa di Goethe.