PIERO QUINTILIANI – PQ DESIGN

Il designer che osserva la realtà e la reinventa per materializzare quello che prima non c’era

Nei laboratori di oreficeria e metalli Piero Quintiliani, classe 1977, inizia la sua strada. Trasferitosi a Roma per iscriversi all’Isia (Istituto Superiore Industrie Artistiche), già durante gli studi di disegno industriale comincia le prime importanti collaborazioni che gli consentono di disegnare prodotti per marchi come Addex design, Bontempi, Tim, Telecom Italia. Tra questi, “Kamilla”, una sveglia digitale per bambini prodotta da Oregon Scientific, partecipa al prestigioso Premio Compasso d’oro ADI. Con il suo studio Pq design, Quintiliani lavora per rilevanti aziende che operano in diversi campi: dall’arredo, alla bellezza, al settore elettromedicale. Parallelamente all’attività di designer e art director, inoltre, insegna all’Istituto Italiano design di Perugia e presso la Sapienza Università di Roma. Pq design è un open space nel centro di Roma, dove si integrano
saperi e competenze multidisciplinari. Un luogo versatile nel quale si svolgono attività complementari alla progettazione e allo sviluppo del prodotto quali marketing, grafica, comunicazione, realizzazione di prototipi, preserie e fotografia. Un ambiente visibilmente coerente col pensiero del fondatore: “Il mio lavoro nasce dall’esigenza di reinventare il mondo, di migliorarlo, renderlo più confortevole e più interessante. È fondamentale avere curiosità e voglia di capire la realtà che ci circonda. Il designer è come un reporter – spiega Piero – sempre attento a captare i cambiamenti e a capire le evoluzioni del gusto, per poi esprimere qualcosa di concreto. Chi fa questo mestiere deve avere ‘sensibilità antropologica’ e capacità di osservare la società: cogliere i cambiamenti culturali significa anche adottare un punto di vista sempre diverso. I cambiamenti impongono sempre un nuovo modo di fare. E il design fa proprio questo: reinventa ogni volta le regole per materializzare quello che prima non c’era”. Un’attenzione costante, quindi, al processo
creativo e al suo risultato. “Gli oggetti sono veicoli di informazioni: visive, tattili e culturali. Mi interessa la qualità di questo messaggio e la sua percezione, oltre all’aspetto tecnico. Penso alle mie creazioni tralasciando gli schemi, le regole. Un prodotto è realmente originale quando è anticonformista. In genere provo a slegarmi dai codici delle mode passeggere per progettare oggetti che durino nel tempo, dotati di un senso e di una riconoscibilità che non scade”.
www.pqdesign.it

GABRIELE ROSA

Enfant prodige romano dell’industrial ed interior design che vuole suscitare meraviglia e curiosità

Gabriele Rosa, romano, aveva il suo futuro di designer scritto nel DNA. Le sue prime esperienze con aziende d’arredamento d’alta gamma, quali Poltrona Frau e Cappellini, si realizzano già durante il percorso di laurea in Disegno Industriale, immediatamente seguite dal confronto con grandi progetti di architettura maturati presso lo studio Fuksas. A soli ventisei anni esordisce al Salone del Mobile 2008, con lo specchio “Pablo” disegnato per Zanotta. La sua attività, che comprende anche la progettazione di interni e di allestimenti, comincia ad incentrarsi prevalentemente sul design di prodotto; ne è una prova la firma di progetti con nomi del calibro di Antonio Lupi e pallucco. Non ancora trentenne, è già un nome di spicco nel panorama internazionale dei giovani designer. Gabriele Rosa cerca di rendere la sua giovane età un vantaggio, caratterizzando le proprie ideazioni con freschezza e innovazione. Uno dei suoi scopi? Suscitare meraviglia e curiosità. “Il più ambizioso tra i miei obiettivi – confessa – è quello di riuscire a condensare in un oggetto, o in un’architettura, un insieme di valori e significati affinché esso sia bello non solo per ciò che è, ma anche per ciò che rappresenta”. Lo spirito evocativo e riformista del designer emerge dalle sue opere. Nei lavandini della collezione “Frame” (per Antonio Lupi ), Gabriele ha stravolto il tradizionale concetto di lavabo, con un disegno attraverso il quale l’acqua sembra magicamente scomparire. Il contenitore “Clino”, per pallucco, è quel monolite generato in base all’idea di un elemento che si posiziona libero nello spazio. Il divano “Trincea”, esposto durante la mostra “Designer After School” di WeekRomaDesign+ del 2008, è un posto sicuro dove stare, come la trincea in guerra, e si avvale dello stesso metodo di costruzione: “La guerra è uno stato mentale più che un avvenimento tangibile. A volte la paura e l’insicurezza sono calmate da oggetti confortevoli”. Viene da chiedersi come un designer possa concepire tutto questo. “Per fare design bisogna essere leggermente insoddisfatti e abbastanza presuntuosi da pensare che quello che ci circonda può essere sempre migliorato”.
www.gabrielerosa.com

ANTONELLO STELLA

L’architettura come costante ricerca del ‘limite’ da adattare allo spazio

In un quartiere di periferia ma molto attivo nel tessuto urbano cittadino, Antonello Stella e Susanna Ferrini elaborano nuove modalità di ‘spazio’ sulla base di un principio matematico, quello del ‘limite’. Sta proprio in questo il nucleo della progettualità e dei
lavori di n!studio: una ricerca costante che ha come obiettivo non tanto la soluzione della forma quanto la percezione delle cose. All’interno dello studio, fondato nel 1991 a Pietralata, Stella e Ferrini si occupano di opere pubbliche e spazi culturali, in particolare di carattere scientifico. I due architetti sono entrambi docenti, rispettivamente, presso la Facoltà di Architettura dell’Università di Ferrara e quella di Pescara. Alla loro attività hanno unito la partecipazione a numerosi concorsi di carattere nazionale e internazionale. “Negli ultimi anni abbiamo orientato il nostro lavoro soprattutto all’estero, sebbene in passato abbiamo realizzato piccole opere a Roma e provincia: un museo naturalistico nel complesso della Rocca Savelli a Nazzano mentre, nella capitale, una biblioteca nel convento dei SS Quattro Coronati, un Deposito Laboratorio Archeologico nel Parco della Villa dei Quintili e uno spazio verde al Villaggio Olimpico”. Sono diverse le proposte progettuali che n!studio ha attivato: nel 2008, ad esempio, ha sviluppato una proposta di masterplan per il nuovo “Hai Phong 2050 Cultural District” in Vietnam, e, nello stesso anno, ha partecipato alla XI Biennale di Architettura di Venezia, dove i due architetti hanno presentato le loro ‘visions’ per il futuro sviluppo della città di Roma, intitolato “Ecovoids, un nuovo network per un’architettura virale a Roma”. L’obiettivo del nostro lavoro? “È sempre stato quello di veder ‘materializzate’ le nostre idee in architettura. Per riuscire a fare questo, nonostante un inizio incoraggiante, abbiamo dovuto cercare occasioni di un certo livello fuori dal nostro Paese, e questo ci ha creato non poche difficoltà di ‘sostentamento’. Il nostro lavoro nasce da un urto con la realtà che costringe l’atto creativo a non essere fine a se stesso ma a relazionarsi con il senso delle cose e del mondo”. Originalità a parte perché “oggi, non può essere un valore. Nell’epoca post-moderna, i grandi racconti ci sono preclusi. In attesa dell’arrivo di un grande paradigma, che probabilmente non apparterrà alla nostra generazione, ci limitiamo a seguire il buon senso cercando, piuttosto che l’originalità, nuove relazioni tra le cose”.
www.nstudio.it

MONICA COSCIONI – SPAZIO MANASSEI

La materia incontra lo spirito e dall’unione nascono gioielli carichi di bellezza e di emozioni

In una splendida e assolata �mattinata romana noi della redazione di A.I., sempre alla ricerca di nuovo artigiano da scoprire, ci siamo imbattuti in luogo straordinario: lo Spazio Manassei. Un posto magico� dove le vetrine si�illuminano gradualmente una alla volta�per svelare �il loro prezioso contenuto e fasci�luminosi riproducono la luce del cielo�nei vari momenti della�giornata e delle stagioni. Ad accoglierci la splendida Monica Coscioni occhi da etrusca e fisico da amazzone, avvolta nel cachemire di sua produzione ci mostra con orgoglio i gioielli che indossa, le sue meravigliose creazioni.�I suoi gioielli sono davvero�speciali:� forme metalliche pure, scultoree, morbide e sensuali �che sprigionano nella loro acceccante lucentezza la bellezza della materia�con cui sono realizzate. A volte� il metallo � trattato in maniera pura, a volte � �accostato a materiali caldi e �naturali come il legno, l�osso, il guscio d�uovo di struzzo, le piume e il cachemire.� Basta guardasi intorno per�scoprire tante linee e collezioni diverse, ognuna�con un suo concept ed� con un suo�messaggio: l�uovo,�il simbolo della�vita, la goccia, le forza e tante altre. Monica�ci racconta� che � solo un� artigiana, quando si trova nella sua fucina � presa dalla foga della creazione, plasma, rompe, fonde il metallo. Nel momento�creativo non ha paura di sporcasi e farsi male, ma vuole solo tirar fuori dalla materia�l�oggetto che � nascosto in s�, compiendo un�operazione quasi michelangiolesca. I suoi enormi bracciali, i suoi collari sono oggetti d�arte, sono tribali e futuristici allo stesso tempo, sembrano usciti dallo studio di Brancusi o scesi da un�astronave. Da allora� spesso andiamo a �trovare Monica, perch� sia lei che le sue meraviglie riempiono il cuore di gioia e di speranza.

COSIMA COCCHERI E STEFANO D’INZILLO – D’ART STUDIO

Glam rock metallaro per gli accessori artigianali made in Italy firmati D’Art Studio

Esperienze diverse animano l’attività di Cosima Coccheri e Stefano D’Inzillo, due giovani con un bagaglio già ricco di esperienze: modella laureata in giurisprudenza con un master in economia e marketing la prima e collaboratore di Gattinoni, Versace e Coveri il secondo. I due mettono insieme forze e passioni all’interno di D’Art Studio, società che collabora con H&M, Zara, Riverisland, Massimo Dutti e Morgan, alimentando il mercato artigianale di accessori della moda. L’obiettivo principale, oltre a fare consulenza per le aziende, è quello di creare un proprio marchio di accessori. Lavorando al fianco di importanti case di moda hanno infatti capito che l’investimento migliore consiste proprio nell’investire sull’accessorio. Un antidoto contro la globalizzazione che ha investito anche il campo della moda. Se l’accessorio è il mezzo per svincolarsi dall’appiattimento degli stili di questi ultimi anni e per creare un proprio stile diverso da tutti gli altri, l’elemento che contraddistingue la produzione dei D’Inzillo è l’uso dei metalli e delle fibbie, un rimando tecnico e concettuale all’arte orafa. Ogni pezzo è realizzato a mano in Italia, principalmente tra il Lazio e le Marche. “I nostri accessori si distinguono per la lavorazione di metalli (non preziosi), ispirata al mondo della gioielleria. Usiamo, infatti, saldature, incisioni, galvaniche, martellature, smalti e pietre tipiche dell’oreficeria. Ci piace abbinare questi metalli importanti con la pelle tagliata, lavata effetto vintage. Ciò conferisce ai nostri lavori un’aria contemporanea e metropolitana”. I prodotti in questo modo assumono l’aspetto e il significato di oggetti di design e, quindi, di haute couture, richiamando il mondo sfarzoso della vita delle celebrità. In quest’ottica si colloca il desiderio di poter un giorno, “considerato il nostro amore per la gioielleria, collaborare con Bulgari o con Fendi per la straordinaria artigianalità della pelletteria che questo nome richiama. Abbiamo poi un progetto nel cassetto già pronto ma mai proposto: il lancio sul mercato di una linea di accessori con forte contenuto stilistico ispirata alla vecchia ‘tolfa’, la borsa degli anni Sessanta-Settanta. Sarebbe un’occasione per la valorizzazione dello straordinario territorio del Lazio”. All’interno del D’Art Studio, si cerca, dunque, di vivere con ciò che si ama. Il sogno dei due creativi? “Vorremmo che il nostro brand fosse riconosciuto per la sua forte personalità e libertà artistica”.
www.dinzillo.it

ROMA PROVINCIA CREATIVA